Obama fa il verde, ma con gli alberi altrui

L’eco-doppiogiochismo di Barack. In Connecticut abbattute 300mila piante, ma gli Usa criticano il Brasile: "Distruggete la foresta amazzonica"

Obama fa il verde,  ma con gli alberi altrui

Quando la settimana scorsa ha acceso le luci del National Christmas Tree, l'abete di Natale della Casa Bianca, per un attimo Barack Obama ha pensato al un suo compagno di partito: il governatore del Connecticut, Dannel Malloy. Sia il presidente Usa, sia il «democratico» Malloy, appaiono infatti coinvolti in una verdeggiante «war of trees», guerra degli alberi. Da una parte nuovi alberi da interrare, dall’altra alberi da segare. In mezzo la vexata quaestio dell’inquinamento dell’aria che - per alcuni studiosi - aumenterebbe di pari passo col disboscamento globale.

Obama sa bene che conciliare progresso e salvaguardia della natura è impresa ardua. E così, in occasione della conferenza di Durban sui cambiamenti climatici, ha deciso di fare l’ecologista con gli alberi altrui. Mentre il suo Paese si sfila da ogni accordo sulla riduzione delle emissioni, lui invita gli altri Paesi a «preservare le foreste». Messaggio diretto in primis al Brasile. Dilma Roussef, per il momento, non ha risposto al cortese invito, ma la presidenta brasiliana avrebbe gioco facile nel ribattere: «Scusa Obama, ma perché non pensi ai tuoi alberi americani?».

La corsa dell’economia brasiliana non vuol saperne di fermarsi davanti all’Amazzonia. E un po’ c’è da capirli. Ma il presidente Usa da questo orecchio non ci sente e preferisce rilanciare la sua battaglia verde tirando fuori dall’archivio dell’ambientalismo prêt à porter la lezione di un semisconosciuto Nobel per la pace, l’ambientalista keniana Wagari Maathai, morta nello scorso settembre. Belle parole ma dissonanti con la linea di Washington. E anche con quella del vicino Connecticut, dove il governatore Dannel Malloy è in guerra con i Verdi locali. Questi ultimi hanno infatti preso malissimo la decisione di abbattere ben 300 mila alberi. Motivo? Tronchi e rami, cadendo per ragioni naturali, sono la causa del 90% dei black out che lasciano al buio decine di cittadine. Meglio allora una bella «spuntatina» ai boschi e fare in modo che i fili della luce restino al sicuro.

Macché, replicano gli amici della natura, i cavi elettrici vanno interrati e gli alberi salvati. Anzi, aumentati, esattamente come fanno gli antagonisti di Malloy che, denuncia il governatore, «sono arrivati a un livello di adorazione degli alberi che sfiora il ridicolo»: ogni anno ne piantano mille. Un clima conflittuale per nulla natalizio. Proprio come la tassa sugli abeti cui Obama ha dato il via libero: 15 centesimi su ogni albero di Natale naturale, ma non certo per frenare la «strage» di alberi di Natale. Al contrario: è destinata a favorire la National Christmas Tree Association, lobby di boscaioli che teme la concorrenza degli arbusti artificiali. Il balzello dovrebbe finanziare una campagna di promozione dell’industria interna dell’albero di Natale a cura del ministero dell’Ambiente, attraverso l’istituzione dell’apposito Christmas Tree Promotion Board. «La tassa – sostiene l’amministrazione Obama – sarebbe applicata ai soli produttori», ma è difficile credere che i costi non si ripercuoterebbero sui consumatori.

Da parte sua il governo tiene a precisare che «non si tratterebbe di introdurre una nuova tassa, ma di soddisfare la richiesta di quei boscaioli che vorrebbero autotassarsi per finanziare una campagna in loro tutela». Basterà questo a fugare i sospetti contro Obama di essere un «eco-doppiogiochista»? E mai come in questo caso, il problema sembra essere alla radice.

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