Washington - Quasi protetto da due grandi e materne bandiere a stelle e strisce, messe come sfondo nella sala stampa della provvisoria e ufficiosa «Casa Bianca» di Chicago, il presidente eletto Barak Obama ha detto ieri senza giri di parole che l’America si trova a fronteggiare «una crisi economica di proporzioni storiche». Ma ha subito aggiunto di riporre «fiducia nel lavoro e nel coraggio del popolo americano, oltre che nello spirito» del Paese. Obama ha lanciato questo messaggio - sapiente mix di concretezza e ottimismo - presentando la squadra di cervelli che lo affiancherà «con freschezza di pensiero» nella difficile missione di recovery economica. Sono quattro nomi, due dei quali già circolati nei giorni scorsi. Ovvero quelli di Timothy Geithner, presidente della sede newyorchese della Federal Reserve, che dopo l’insediamento di Obama nell’ufficio ovale ricoprirà l’incarico più importante, quello di segretario al Tesoro; e di Lawrence Summers, già segretario al Tesoro nell’amministrazione Clinton, prossimo capo del consiglio economico nazionale.
I nomi nuovi sono invece quelli di Christina Romer, stimata macroeconomista del National Bureau of Economic Research, chiamata a guidare il team dei consiglieri economici del presidente; e di Melody Barnes, giovane e bella afroamericana, considerata una delle dieci donne più eleganti di Washington, che assumerà l’incarico di direttore del Consiglio di politica interna della Casa Bianca. «Anche se quelle che abbiamo di fronte sono sfide terribili, sappiamo di avere una grande opportunità a portata di mano se sapremo agire in fretta e con decisione», ha assicurato il futuro presidente. «Ripeto, non sarà facile, perché prima di ritornare a migliorare, l’economia certamente peggiorerà», come prevedono molti esperti secondo i quali «il prossimo anno potremo perdere milioni di posti di lavoro». E proprio sul tema dell’occupazione Obama ha insistito ripetutamente nel suo discorso così come nella successiva conferenza stampa. Dove è ritornato ad annunciare il suo piano per ridare fiato all’economia e per creare 2,5 milioni di nuovi occupati entro il 2011. Il prossimo inquilino della Casa Bianca non ne ha però voluto precisare l’ammontare - «vi dico solo che sarà costoso», si è limitato a dire - anche se da fonti bene informate vicine ai Democratici si parla di un piano biennale da almeno 700 miliardi di dollari, se non di più.
Obama ha detto di essere in perfetta sintonia con il dream team appena nominato sul fatto che «non possiamo pensare di avere una prospera Wall Street senza un’altrettanto prospera Main Street». Intendendo così che non è possibile intervenire con doverose misure di risanamento e di rilancio sul settore finanziario, ovvero sull’economia di carta, senza fare altrettanto nei confronti dell’economia, reale cominciando dal ridare fiato ai consumi. «Dobbiamo essere certi che il nostro piano di stimolo sia vasto abbastanza da provocare una scossa al sistema economico. Faremo in modo che scuota l’economia per farla tornare in forma».
Il presidente eletto ha poi riservato parole non certo tenere alle Big Three dell’automobile in crisi (General Motors, Chrysler e Ford) che hanno già chiesto al Congresso aiuti per 25
miliardi di dollari. Il problema dell’America non è solo quello di Detroit, ha detto Obama, dichiarandosi indisponibile a «firmare assegni in bianco» se l’industria dell’automobile continuerà «a resistere al cambiamento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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