Washington - George Bush vuole andarsene bene. Barack Obama intende entrare alla grande. Gli interessi sono convergenti e l’America apprezza. Non sempre il passaggio di consegne tra due Amministrazioni di orientamento politico opposto avviene in dolcezza. Quello tra Bill Clinton e Bush, ad esempio, fu caratterizzato da attriti e dispetti. Anche sciocchi, come quello di chiudere con una mandata i documenti negli schedari dimenticando di consegnare la chiave. Questa volta, lo staff dei due presidenti sta dimostrando una volontà di collaborazione.
Bravo Obama a farsi trovare preparato e bravo Bush a dar ordine ai suoi uomini di svelare i segreti per gestire una macchina complessa come quella del governo della prima potenza mondiale. Lo scopo è di permettere al nuovo presidente di affrontare senza problemi qualunque crisi già il 21 gennaio. Se ci fosse un altro 11 settembre o una nuova drammatica crisi finanziaria, Obama sarebbe perfettamente operativo. Proprio l’11 settembre è stato d’insegnamento. È opinione diffusa che Bin Laden sia riuscito a preparare gli attentati indisturbato, approfittando dello sbandamento del nuovo governo, che impiegò molte settimane ad assumere il controllo dei dossier e in particolare di quelli sul terrorismo integralista. L’errore quest’anno non sarà commesso, anche se Al Qaida non è più in cima alle priorità della Casa Bianca. Obama lo ha ripetuto anche sabato sera: la prima urgenza è quella economica e lo ribadirà stamane quando, accompagnato da Michelle, sarà accolto dai coniugi Bush per una prima ricognizione in quella che tra poco sarà la sua dimora. Una visita amichevole che si prevede costellata da molti sorrisi e tanta reciproca reverenza. Sebbene in campagna elettorale il senatore dell’Illinois non abbia risparmiato critiche all’attuale comandante in capo della nazione, ora prevale il desiderio di placare la polemica politica. Bush sparirà presto di scena, com’è consuetudine negli Stati Uniti per gli ex presidenti, e Obama avrà mano libera. Anzi, liberissima, visto che potrà contare sulla maggioranza democratica sia alla Camera sia al Senato.
Lo dimostrerà annullando o modificando circa 200 provvedimenti, a cominciare da quello che limita i finanziamenti pubblici per la ricerca sulle cellule staminali, che Obama potrà cancellare con un semplice ordine esecutivo, visto che il suo predecessore non l’aveva mai tradotto in legge.
Sì, sarà un debutto scoppiettante, che però non potrà essere disordinato. Obama dovrà stabilire priorità, rinviando a tempi migliori l’applicazione di alcune riforme promesse agli elettori. E allora privilegerà la riforma sanitaria o la lotta all’inquinamento? L’indipendenza energetica o il sistema educativo? Non tarderemo a capirlo. Di certo non potrà ignorare la politica estera, di cui proprio in questi giorni ha saggiato le insidie. Ieri, il presidente polacco Lech Kaczynski gli ha attribuito l’intenzione di portare a compimento lo scudo missilistico, costringendo un portavoce democratico a una smentita: «Obama non ha deciso nulla al riguardo». Mosca ha gradito.
Il presidente russo Medvedev e Obama si sono parlati al telefono convenendo sulla necessità di incontrarsi. Il segnale è chiaro: il nuovo leader intende dialogare con tutti. O quasi: quello con l’Iran, ad esempio, è un capitolo che resta chiuso, almeno per ora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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