Roma - Da Porto Rotondo a Roma senza passare per il via. Saltando a pie’ pari la «casella» dell’udienza Mills, in programma di prima mattina e per la quale il Cavaliere aveva già assicurato la sua presenza. Non che schivare i giudici del tribunale di Milano metta Silvio Berlusconi di cattivo umore, anzi. Se non fosse che - rimanendo sulla similitudine del Monopoli - il premier rischia di avere pescato una di quelle insidiosissime carte degli «Imprevisti». Alle undici, infatti, sarà al Quirinale per un faccia a faccia con Giorgio Napolitano sulla situazione economica. Il che, tradotto, significa che il Cavaliere e il capo dello Stato seguiranno insieme e in tempo reale quella che sarà la reazione dei mercati dopo il via libera del Parlamento alla manovra venerdì sera.
Non che la riapertura della Borsa domani sia decisiva, di certo però sarà il termometro di come viene giudicata dai mercati la tenuta del nostro Paese dopo l’approvazione del decreto di correzione dei conti. Un crollo di Piazza Affari o un nuovo assalto speculativo, insomma, potrebbero avere effetti destabilizzanti su un governo che già non è solidissimo. E ridare fiato ai cantori del governo tecnico a cui ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, si è aggiunto anche Walter Veltroni. Una giornata, quindi, che si annuncia ricca di incognite. Con il rischio per Berlusconi di trovarsi davanti un Napolitano pronto a caldeggiare nuovamente e con forza quell’appello alla «coesione» che molti tra le righe hanno letto come un invito a cedere il passo ad un esecutivo tecnico. Si vedrà. Anche perché, Piazza Affari a parte, sul fronte economico la partita rimane comunque in sospeso fino a giovedì, quando a Bruxelles si incontreranno i capi di Stato e di governo dell’Ue per fare il punto sulla crisi e sulla situazione della Grecia.
Al Quirinale, però, sarà anche affrontato il nodo del ministero della Giustizia. Che Angelino Alfano abbia già fatto gli scatoloni e stia scalpitando per andar via non è un mistero. A via dell’Umiltà, infatti, hanno già sbaraccato un intero piano e l’hanno messo a disposizione del neosegretario del Pdl. Che quello vorrebbe fare a tempo pieno, senza essere diviso a metà tra il partito e un incarico di governo piuttosto gravoso. E dietro Alfano, per una sostituzione in tempi rapidi, premono tutti o quasi i maggiorenti del Pdl. Non solo quelli che lo sostengono direttamente ma anche gli altri capicorrente, consapevoli che finché il segretario non entrerà nel pieno delle sue funzioni il partito rimarrà comunque congelato.
Chi ha parlato con il Berlusconi dell’argomento, in verità, lo raccontano tiepido e ancora in certo. Da coprire c’è anche la casella delle Politiche comunitarie - senza considerare che continuano a rincorrersi i rumors su imminenti novità giudiziarie che riguarderebbero Giulio Tremonti - e la strada potrebbe anche essere quella di prendere tempo e mettere mano ai problemi una sola volta per tutte con un rimpasto. Una soluzione che non convince affatto la maggior parte degli uomini più vicini al Cavaliere, compreso Gianni Letta. La soluzione caldeggiata, infatti, è quella di affrontare i problemi uno alla volta. Andare avanti, spiega un ministro, «casella per casella». La ragione è semplice e sembra che anche Berlusconi se ne stia convincendo. Una cosa è un cambio in corsa alla Giustizia, altra sarebbe se davvero trovassero conferma le voci su Tremonti con conseguenti dimissioni.
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