Gli oculisti maghi della tecnologia per curare 15 milioni di italiani

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Gli oculisti maghi della tecnologia per curare 15 milioni di italiani

Luigi Cucchi

Quattromila oculisti italiani si riuniscono a Milano per quattro giorni. Partecipano, al Centro congressi della Fiera, da oggi (23 novembre) a sabato, all’85° Congresso della Società oftalmologica italiana (Soi), la più antica Società scientifica italiana. Ampio il programma di studio, ricco di tavole rotonde, simposi, corsi di istruzione e congressi nazionali delle 28 Società monotematiche aderenti alla Soi. Sono analizzati i nuovi orizzonti e le reali opportunità della moderna oftalmologia.
«I sette corsi di aggiornamento – ricorda il professor Corrado Balacco Gabrielli, presidente Soi – sono dedicati a semeiotica oculare, retina, oftalmoplastica, contattologia, oncologia oculare, cornea, glaucoma. Cinque le letture magistrali: il trattameto chirurgico della aniridia (Lucio Zeppa), la cheratoplastica lamellare profonda (Vincenzo Sarnicola), le malattie retiniche (Anselm Kampik), la superficie oculare (Maurizio Rolando), la chirurgia della cataratta (Howard Gimbel)». L’intervento di cataratta è l’operazione chirurgica più diffusa in Italia, ne sono eseguite ogni anno oltre 800mila, ha precisato il dottor Matteo Piovella, segretario Sioi, dopo aver affermato che sono ben 15 milioni gli italiani che soffrono di difetti visivi. L’oculistica negli ultimi anni ha fatto molti progressi: nuove tecniche chirurgiche, l’impiego del laser, garantiscono netti miglioramenti della capacità visiva. Il nuovo trapianto della cornea restituisce la vista e le cellule staminali permettono la ricrescita di tessuto in modo del tutto naturale.
Sono ben 28 milioni gli italiani che soffrono di presbiopia (100 milioni negli Usa, due miliardi nel mondo), un disturbo che comincia in genere verso i 45 anni: si manifesta quando il cristallino non riesce più a mettere a fuoco le immagini più vicine. Con il laser a eccimeri, da diversi anni ormai, si possono correggere numerosi difetti visivi come la miopia e l’astigmatismo, sono ancora pochi gli interventi effettuati sui presbiti. Le tecniche chirurgiche che utilizzano il laser, proposte per risolvere la presbiopia, sono ancora sperimentali, limitate a un numero assai ristretto di pazienti estremamente selezionati. Non vi è ancora una tecnica standard sicura e prevedibile come quella impiegata per la correzione di altri vizi di refrazione mediante laser a eccimeri o la chirurgia della cataratta mediante facoemulsificazione. Per la presbiopia la tecnica più sicura e più collaudata rimane quella che prevede l’inserimento di una piccola lente multifocale all’interno dell’occhio senza asportazione del cristallino naturale o al posto del cristallino, in occasione dell’intervento di cataratta. Questa tecnica, meno traumatizzante, è definita della facoemulsificazine: si instillano alcune gocce di collirio anestetico nell’occhio, si procede a un’incisione di 3 millimetri sulla periferia della cornea e attraverso una sonda a ultrasuoni si frantuma e si aspira il cristallino sostituendolo con la lente artificiale. L’intervento dura in media dai 10 ai 30 minuti ed è indolore. Se non si sostituisce il cristallino la lente è inserita dietro l’iride o tra l’iride e la cornea. Il recupero visivo è quasi immediato.
Dalla fine degli anni Novanta anche in Italia il trapianto di cornea classico è stato poco per volta sostituito dalla “cheratoplastica lamellare anteriore profonda”, un intervento chirurgico più selettivo rispetto alla cheratoplastica perforante e con un rischio di rigetto inferiore. Non si sostituisce più la cornea malata con quella sana del donatore, ma di quest’ultima si impiega solo una parte, cioè gli strati corneali alterati e opachi e non l’endotelio sano. Non è necessario per questo intervento innovativo aprire il bulbo oculare, ma si agisce solo sulla superficie dell’occhio, con minor rischio di complicanze infiammatorie ed emorragiche.
In oftalmologia l’affinamento delle metodiche di intervento è continuo. A Milano si parlerà anche dell’impiego delle cellule staminali che rappresentano una grande speranza. Già ora consentono di guarire alcune malattie dell’occhio che causano la perdita della funzionalità oculare compromettendo la capacità visiva. Le cellule staminali limbari, con la loro capacità di autorigenerarsi, favoriscono la crescita di tessuti che sostituiscono quelli malati, vengono prelevate da un occhio indenne e innestate nell’occhio malato, dopo che è stato asportato il tessuto preesistente danneggiato.

Sono già impiegate per curare l’opacità della cornea in seguito a causticazione, un evento traumatico che compromette la capacità visiva, negli stadi avanzati di cheratite erpetica e in infezioni come le limbiti e alcune congiuntiviti croniche.
In futuro l’impiego delle cellule staminali potrebbe moltiplicarsi.

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