«Odiare è il loro stile»

Milano Visto da vicino, il professor Ichino ha l’aria sciupata e lievemente stressata di un uomo che era abituato da sempre a girare in bicicletta e che da dieci anni invece vive blindato. Per la prima volta si è trovato nella stessa aula con gli uomini delle nuove Br, quelli che - secondo l’accusa - volevano ucciderlo. E sono piovuti urla e insulti.
Se lo aspettava, professore?
«No, francamente oggi non mi aspettavo di essere aggredito così. Ma in fondo fa parte del loro stile. Questa è una conferma che quando il prefetto di Milano respinse la mia richiesta di venire privato della scorta aveva elementi concreti. Questi signori avevano ampia disponibilità di armi. E cosa pensino di me lo hanno detto chiaramente oggi».
Perché tanto accanimento?
«In questo Paese chiunque tocca lo Statuto dei lavoratori muore. Non sono solo io ad essere un obiettivo, sono tutti i giuslavoristi, chi si occupano delle riforme del mercato del lavoro. L’Italia è l’unico Paese in Europa dove discutere di lavoro è pericoloso ma è anche quello dove è più necessario perché il nostro mercato del lavoro ha le peggiori performance in Europa. Abbiamo bisogno di una riforma ma siamo paralizzati da questa minaccia».
Teme che la crisi economica porti a un ulteriore inasprimento dello scontro su questi temi?
«La crisi dovrebbe semmai portare ad avere meno rigidità. Agli operai che perdono il posto in questo momento interessa che il mercato del lavoro funzioni meglio, interessano gli ammortizzatori sociali».
Lei viene aspramente contestato anche dai settori più duri della Cgil e del sindacalismo di base...
«I terroristi sono isolati e pochi, per favore non rafforziamo immagini di collegamento che non esistono. Queste forme di violenza non trovano una sponda né nella politica né nel sindacato.

Io continuo ad appartenere alla Cgil su posizioni che oggi sono di minoranza, perché prevale una linea che porta a scelte autolesioniste come quella di non firmare l’altro giorno l’accordo sulla riforma dei contratti. Ma questa dialettica interna al sindacato non ha assolutamente nulla a che vedere con il terrorismo».

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