Offese all’inno, Bossi querelato per vilipendio

da Milano

La eco dell’inno e delle parole di Bossi non accenna a spegnersi. Dopo il gestaccio indirizzato alla frase «schiava di Roma» del testo di Mameli, il ministro per le Riforme è finito nell’occhio del ciclone. E alle polemiche degli scorsi giorni ora si somma anche una denuncia per vilipendio.
La querela contro il Senatùr è stata presentata dal consigliere comunale di Roma Athos De Luca, in quota Pd: «Bossi ha consapevolmente e strumentalmente offeso e denigrato i cittadini e la nazione intera con un gesto vilipendioso e volgare nei confronti di uno dei simboli più alti della nostra Repubblica». De Luca si richiama all’articolo 292 del codice penale, che punisce chiunque vilipende il tricolore o un altro emblema dello Stato.
Anche dalla maggioranza si sono levate voci di condanna per l’uscita del leader leghista. Per Maurizio Gasparri (Pdl) «Bossi avrebbe fatto meglio a evitare certe esternazioni che complicano le cose», mentre il senatore Antonio Gentile (anch’egli Pdl) ha presentato un ddl che prevede il riconoscimento ufficiale dell’inno di Mameli. Caustico anche il quotidiano della Cei Avvenire, per cui Bossi «è in panne a un bivio cruciale tra il capopartito in camicia verde e la veste ministeriale.

È giunto per lui il momento di scegliere».
Così, mentre da sinistra tutti si affrettano a condannare «il silenzio preoccupante di Berlusconi», la Lega fa quadrato: «Bossi ha giurato sulla Costituzione - replica il deputato Ettore Pirovano -, non sull’inno».

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