Oftalmologia: la ricerca può cambiare la nostra vista

«La Ricerca cambia la vita». Con questo messaggio ha preso il via, nei giorni scorsi a Seattle (Wa), il congresso annuale dell'Association for Research in Vision and Ophthalmology (ARVO 2013). Un appuntamento dedicato alla ricerca ed alle sperimentazioni cliniche, farmacologiche e chirurgiche, condotte in ambito oculistico. Circa 13mila i partecipanti. Sotto la lente: le patologie retiniche ed i farmaci anti-Vegf (fattore di crescita vascolare endoteliale) intravitreali.Terapie avanzate, permettono di arrestare la perdita della vista, e sovente anche di migliorarla. In ambito oculistico sono una vera e propria rivoluzione. Presentati nuovi dati, che riguardano l'impiego del farmaco oftalmico anti-Vefg, ranibizumab (riportati in ben 209 abstract). Le sperimentazioni riguardano diverse aree delle patologie retiniche, compresa la neovascolarizzazione coroidale miopica (Cnv). Una complicanza quest'ultima della macula che può insorgere come conseguenza della miopia, soprattutto se elevata. Invalida pesantemente la funzione visiva. In Italia sono quasi 2milioni le persone, di età compresa tra i 20 e i 50 anni, colpite da miopia patologica e il 5-10% di essi è a rischio di Cnv (circa 200mila oggi le persone nel Paese con Cnv miopica ). «Dal punto di vista epidemiologico- spiega il professor Paolo Lanzetta, direttore Clinica oculistica, università di Udine - la Cnv miopica è un problema importante, perché stiamo parlando di pazienti in piena età lavorativa. Alla riduzione della funzione visiva, va aggiunta anche la perdita della capacità produttiva. Sono numeri da considerare, soprattutto oggi che disponiamo di una terapia efficace». Nuove evidenze ad un anno, ricavate dallo studio Repair, hanno infatti rivelato un miglioramento di 14 lettere nell'acuità visiva, con una media di 3,6 iniezioni di ranibizumab a 12 mesi, nei pazienti con Cnv miopica. «Le evidenze su ranibizumab- prosegue Lanzetta - hanno dimostrato l'azione del farmaco nella degenerazione maculare legata all'età in forma umida (wAmd): oltre il 50 % di riduzione della cecità legata a questa patologia».

Promettente anche l'impiego nel trattamento della maculopatia miopica.

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