Oggi la crono decisiva

T ra gli enormi problemi, non è il primo dei problemi. Ma non è nemmeno l'ultimo. Accanto ai ciclisti dopati, la televisione di Stato italiana continua a tenere due telecronisti ormai fuori posto, fuori ruolo e fuori misura. Fuori.
Auro Bulbarelli e Davide Cassani, per conformazione fisica e talento comico eredi naturali di Ollio e Stanlio, rappresentano ormai una vera emergenza nazionale. Da anni, per la verità, trattano le vergogne del ciclismo con spocchioso fastidio, ironizzando e minimizzando. Ma quello che stanno facendo e dicendo in questo Tour è qualcosa di inverosimile. Qualcuno - che so: un direttore - dovrebbe convincerli dell'importanza e della serietà del ruolo, magari iscrivendoli d'urgenza a un corso aziendale sul servizio pubblico. Ma visto che nessuno muove un dito, loro si muovono da padroni indisturbati. Così, lo scandalo. Sono bastate poche ore, dopo la guerra mondiale del doping, perché la telecronaca parastatale tornasse negli agognati binari di sempre: poverini i corridori, in fondo che avranno fatto, questo Rasmussen perde il Tour per una leggerezza, Vinokourov magari dimostra che le analisi erano sbagliate, quanto a Moreni, via, di Moreni non ne parliamo neppure, una carriera esemplare rovinata da una stupidaggine, questa pomatina che conteneva testosterone, senza che lui ovviamente lo sapesse...
E via con il resto, timbro «come se niente fosse». Evidentemente convinti che i gentili ascoltatori abbiano l'anello al naso, raccontano con toni enfatici la grande vittoria di Casar. Sul traguardo, il Bulba non si scosta di un millimetro dal simil-Martellini di Spagna '82: «Casaaaaaaaar».
E come no. Il mondo osserva choccato l'agonia di un glorioso sport e della sua corsa più gloriosa, ma noi italiani dovremmo eccitarci per l'impresa di Casar. Ma tu pensa. Noi si penserebbe invece di utilizzare le lunghe ore della telecronaca (troppe, uno strazio) almeno per ragionare un po', aprendo magari - sulle immagini che scorrono - un dibattito con esperti e personaggi, anche chiamati telefonicamente a casa. Cassani, per dire, potrebbe persino raccontarci com'era la vita in squadra, quand'era compagno di Riis, nei favolosi anni Novanta...
Invece no. Non è il caso. I dopati? Via, che sarà mai. Registriamo per dovere d'ufficio che un secondo Tour si avvia alla discarica, ma poi concentriamoci sulla corsa. «Casaaaaaaaar».


Che dire. I tedeschi hanno ritirato le tv, a noi basterebbe ritirare i telecronisti. Potessimo un giorno rubare il mestiere al Bulba, urlandogli l'unica cosa capace di scatenare davvero l'entusiasmo popolare: «A casaaaaaaaa».

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