Oggi il faccia a faccia Rampl-Profumo

Se, come dicono alcuni, i problemi tra Alessandro Profumo e Dieter Rampl, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Unicredit, sono ormai anche di natura personale, oggi potrà essere turbolenta la riunione del comitato nomine del gruppo di Piazza Cordusio, chiamato a esaminare la situazione creatasi dopo l’ulteriore investimento libico nel capitale della banca. Rampl accusa Profumo di aver accompagnato con eccessivo rigore, con troppo zelo, il rastrellamento del 2,075% da parte della Libyan investment authority, trincerandosi dietro i vincoli di riservatezza di un amministratore delegato verso le operazioni dei propri azionisti; Profumo, attraverso i suoi, rileva l’eccessivo accaloramento del presidente per una questione che, come ha notato a Cernobbio, Giovanni Puglisi, presidente della Fondazione Banco di Sicilia, grande socio Unicredit, «è una tempesta in un bicchier d’acqua». «Magari non domani» è il commento di una fonte riportata in maniera anonima dall’agenzia AdnKronos «ma o fa un passo indietro l’uno, o fa un passo indietro l’altro». Se questo è il clima, la riunione di oggi potrà essere piuttosto accesa.
Esclusa la convocazione di un cda straordinario, esclusa la partecipazione del governatore della Banca centrale libica, socia al 4,988%) Farthat Omar Bengdara (che non ne è membro), al comitato governance odierno parteciperanno, oltre al presidente e all’ad, i tre vicepresidenti Fabrizio Palenzona, Luigi Castelletti e Vincenza Calandra Buonaura, e i consiglieri Francesco Giacomin e Luigi Maramotti. Negli ambienti della banca ci si aspetta chiarezza su temi «che in questi giorni sono stati alimentati a dismisura», con un «chiarimento rilassato». Lunedì Profumo aveva dichiarato, a proposito dei libici: «Non sono stato io a sollecitarli» e «non mi aspetto cambiamenti nella governance». Ma Profumo sapeva? L’ad è vincolato al silenzio.
Oggi si parlerà sicuramente delle richieste di chiarimento inviate dalla Banca d’Italia, che vuol sapere se ci saranno consegueze nel governo del gruppo. Quanto alla Consob, i suoi quesiti non possono essere rivolti a Unicredit - oggetto dell’investimento - ma agli stessi investitori. La questione è la seguente: se le quote libiche vanno considerate unite, i diritti di voto non potranno - da statuto - superare il 5%; se le partecipazioni dei due azionisti andranno considerate disgiunte, la «voce» dei libici peserà per il 7%, somma delle due quote. La Consob già è in possesso delle generalità e delle informazioni riguardanti i due soci; ulteriori approfondimenti vedono Unicredit «oggetto» e non «soggetto». La posizione del gruppo, piuttosto, è quella di apprezzare un investimento nel titolo, che da flussi di acquisto in Borsa può solo beneficiare (ieri ha registrato -2,44% a 1,91 euro). Al malumore delle Fondazioni venete, il gruppo risponde indirettamente sottolineando che, nel Nord-Est, Unicredit finanzia le imprese con 4 miliardi e occupa 1.

500 dipendenti.
Frattanto, ieri il gruppo ha lanciato un nuovo bond da un miliardo. Si tratta di benchmark senior a 2 anni per un importo pari a 1 miliardo di euro con uno spread di 95 bps sopra il tasso Euribor trimestrale.

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