Era Pasqua anche sedici anni fa. Gianni Bugno se lo ricorda bene quel giorno daprile del 1994, quando con uno sprint al cardiopalmo si aggiudicò per un centimetro il Giro delle Fiandre numero 78 sul beniamino di casa Johan Museeuw. Alle loro spalle il moldavo Andrei Tchmil, ora team manager della Katusha, la formazione russa orfana del suo capitano Filippo Pozzato, messo ko da un virus maligno. Quarto il compianto Franco Ballerini, che allo sprint non è mai stato un fulmine di guerra, e in quella volata a quattro non poteva che finire in coda al gruppetto.
Oggi si correrà il Giro delle Fiandre numero 94, la classica dei muri, uno dei monumenti del ciclismo mondiale, la gara più importante per i belgi, tanto che il consiglio comunale di Bruges (da dove stamane scatterà la corsa: 261 km, 15 muri, ndr) ha chiesto allUnesco di riconoscere la corsa come «patrimonio mondiale dellumanità». Per i belgi è da sempre la corsa dellanno, la degna conclusione della loro «settimana santa" che inizia il sabato prima con il Gp di Harelbeke (vinto da Fabian Cancellara) e si conclude oggi con un Fiandre più santo e prelibato, visto che si corre proprio di Pasqua.
«Sembra ieri. Ricordo perfettamente questa corsa, io che sono portato a dimenticare, a non tenere il conto delle vittorie, a non raccogliere né trofei né fotografie dice il due volte campione del mondo, vincitore anche di un Giro dItalia, venti anni fa, e oggi impegnato come elicotterista -. Era un momento particolare della mia vita, molto difficile e delicato. In famiglia cerano dei problemi, in corsa non rendevo come volevo. Erano due anni che non vincevo una grande corsa (Benidorm, secondo mondiale, ndr). Quella giornata è stata per me davvero speciale, una vera e propria resurrezione».
Una vittoria che per poco però le sfuggiva dalle mani.
«Il desiderio di chiudere a braccia alzate, la foga di gridare la mia gioia e per poco Museeuw non mi sfilava da sotto il naso una delle vittorie più prestigiose della mia carriera».
Sedici anni fa lItalia poteva contare sui Bugno, sui Ballerini, i Bontempi e i Baldato, adesso siamo messi maluccio.
«È un momento così, ci gira tutto male. Filippo Pozzato è nato per queste corse, e in questi anni ha dimostrato di poterle vincere. Sabato scorso, ad Harelbeke, è arrivato quarto. Poi si è ammalato e dovrà disertare una corsa nella quale sarebbe stato sicuramente un grande protagonista. Sarà per la Roubaix di domenica prossima. Un anno fa finì secondo, se avrà un po di buona sorte».
Nessuna velleità, quindi, per noi italiani?
«Ballan sta bene, ma sembra un po in ritardo di condizione. Quinziato e Bennati potrebbero inventarsi qualcosa. Daniel Oss è molto giovane e da un ragazzo di soli 23 anni non si può e non si deve pretendere la luna. Credo che questa edizione sarà un discorso tra Tom Boonen, che insegue il tris al pari di Stijn Devolder e Fabian Cancellara».
Cosa manca al ciclismo italiano?
«Stiamo vivendo un delicato cambio generazionale, ma allorizzonte ci sono ragazzi molto interessanti che si stanno facendo largo. Bisogna avere un po di pazienza e, come ho già detto, anche un pizzico di fortuna perché senza quel virus Pozzato sarebbe stato assieme a Tom Boonen e Cancellara il grande favorito di questa corsa. Sorpresa azzurra? Marco Bandiera».
Sedici anni fa vinceva il Fiandre, lunedì ha perso la Lombardia...
«Sono giorni difficili per chi si chiama Filippo. Facevo parte della squadra di Filippo Penati. Ero in corsa per la Regione. Se vinceva lui, sarei entrato in giunta anchio. Ho accettato la sfida per curiosità e riconoscenza, visto che mi hanno cercato e coinvolto nel loro progetto, ma anche perché sapevo che con Formigoni cera poco da fare. Insomma, ho accettato pur sapendo che sarebbe stata durissima.
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