nostro inviato a Cesenatico
Caro diario, se finora il Giro è sembrato duro, imprevedibile, carogna, con tanta acqua e tanto freddo, con tante fughe e tante cadute, tanti chilometri in bicicletta e tanti trasferimenti in pullman, ecco, da quest'oggi sarà molto, ma molto, ma molto peggio. I sopravvissuti del gruppo arriveranno a rimpiangerlo, il Giro massacrante corso finora: perché con il monte Grappa di oggi e lo Zoncolan di domani si apre la lunga settimana dei tormenti. Suona il gong: il campionato del mondo di fatica, la corsa a tappe più dura del pianeta offre l'opportunità, a chi abbia gambe e orgoglio, di fare un figurone.
Otto giorni, otto tappe, mille modi per assaltare la maglia rosa. C'è chi, come il ragazzino della Tasmania, Richie Porte, questa maglia la veste già, e dunque proverà a realizzare il sogno di difenderla con i denti fino all'ultimo chilometro. Poi c'è chi, come gli spagnoli Arroyo e Sastre, questa maglia la vede molto vicina, grazie alla memorabile imboscata nella tappaccia dell'Aquila. E infine ci sono tutti gli altri, l'iridato Evans e il kazako Vinokourov, ma soprattutto i nostri, da Basso a Nibali, da Garzelli a Scarponi, che la famosa maglia se la sono lasciata allontanare, troppo e colpevolmente, sempre nello storico flop dell'Aquila, passato alla storia come raduno mondiale degli impiastri e dei masochisti.
Inutile aggiungere altre chiacchiere: siamo alla resa dei conti. A questa resa dei conti si presentano ciclisti già molto consumati, sicuramente per le battaglie che non si sono risparmiati finora, tutti i giorni, su tutti i percorsi. Ma qualcuno dice anche per la mancanza di aiutini e rabbocchini magici che alla vigilia delle montagne negli ultimi anni hanno sempre rimesso a posto i livelli del motore. Sostiene il campione d'Italia, Filippo Pozzato: «Il ciclismo non è mai stato così pulito». Voglia il cielo che sia davvero così. Che il fesso truffatore, immancabile in qualsiasi contesto umano, resti un'eccezione esposta alla pubblica vergogna. Una semplice testimonianza però posso tranquillamente sottoscriverla anch'io: tappa dopo tappa, si vedono in Giro cere sempre più smunte ed emaciate. Ogni giorno sembra che in gruppo trascorra un anno. Ogni giorno una ruga in più. I segni indelebili della fatica sono evidentissimi. I ciclisti tornano a suscitare l'antica pena, prima delle pozioni magiche, prima dei siringoni che tappa dopo tappa, salita dopo salita, li rendevano stranamente più belli, più freschi e più giovani, fino all'ultimo giorno del Giro, quando sembrava di vederli bambini e bisognava abbatterli a fucilate per convincerli della fine.
Caro diario, mai più così. Mai più Giri finti e taroccati, per superman e nembo kid. Bastano uomini veri e sinceri, con il loro coraggio e i loro limiti, persino con le loro stupidissime gaffe, come quelle dell'altro giorno all'Aquila. Ce lo faranno, questo favore? Prima di mettere la mano sul fuoco, conviene aspettare. Siamo già tutti con i moncherini. Serve prudenza. Ma i segnali sembrano incoraggianti. Meglio vincere meno, ma vincere bene. Guardiamoci in Giro: sembrava che noi italiani dovessimo pagare con tante sconfitte il nostro piano nazionale di pulizia, abbiamo perso dieci tappe di fila, già si parlava di fine del mondo, ecco invece due vittorie in due tappe. L'altro giorno Pozzato, a Cesenatico il giovane Belletti, ragazzo del posto cresciuto sognando Pantani. «L'ho amato - spiega commosso -, ho cominciato emozionandomi con lui. Un altro così non tornerà più. Non chiedetemi se era pulito, ero troppo piccolo per sapere, mi hanno raccontato che aveva dei valori fuori posto
».
Caro diario, qui tutto parla di Pantani. I ricordi rimuovono le pagine scure e lasciano trasparire solo i giorni migliori. Chissà, forse è meglio che sia così. Per i ragazzi come Belletti, ma anche per tutti noi, con la memoria così confusa.
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