Londra - Neppure bisogna entrarci per capirlo: bastano i muretti fuori dagli Abbey Road Studios. Per avere cittadinanza nel favoloso mondo dei Beatles è sufficiente guardarli. Sono ricamati da scritte di pennarello, qualunque parola beatlesiana in qualunque lingua, ma l’intonaco è bianco, scintillante, intatto anche se scribacchiato senza pietà. Lo rinnovano ogni tre mesi, i custodi, perché la processione è infinita, tutti qui, pure i ragazzini, a celebrare George, Paul, John e Ringo che quarant’anni fa passavano dal cancelletto di ferro battuto per registrare i loro album ed entrare nella storia. Della musica. E del Novecento. C’è da dirlo? Dai, ormai è inutile. Bene, da oggi, non casualmente il nove nove duemilanove, anche i Beatles si rinnovano ed entrano nel futuro. I loro dodici album più Magical mystery tour (che entrò ufficialmente in catalogo nel 1987) e Past Masters vol. I e II (riuniti su doppio cd) sono stati rimasterizzati per la prima volta in digitale. Il prezzo è a geometria variabile: singolarmente costano 20 euro ciascuno (30 per i doppi), poi c’è il cofanetto a 280 euro (con l’aggiunta di un minidocumentario in dvd) e la confezione extralusso da 330 euro con i mixaggi in mono dei dieci album e i Mono Masters. Roba da far commuovere i beatlesiani integralisti, e va bene. Ma anche tanti altri. Risultato dell’operazione: un altro suono, stessa atmosfera, più dettagli che da soli basterebbero a scrivere un altro libro. I loggionisti dei Beatles, va da sé, protesteranno: per loro, suono vecchio fa buon brodo e qualsiasi variazione sul tema è un’eresia. Invece no: questa rimasterizzazione non è blasfema e, oltre all’intento filologico, soddisfa anche quello emotivo. Quando suonavano, qui negli Abbey Road più di quarant’anni fa, i Beatles si sentivano in cuffia più come li possiamo ascoltare noi oggi che come è stato per quarant’anni grazie alle ridotte registrazioni di allora. Puliti. Potenti. Vivi. Strumenti in evidenza, per esempio: provate la nuova Eleonor Rigby. Attualità: Come together è come la inciderebbero i Beatles oggi. Passione: Taxman pulsa e accidenti quanto. Ascoltandola nello Studio Tre, quello dove loro mixavano le loro canzoni e registravano piccole parti soliste, l’effetto sarebbe straordinario anche per chi, i Beatles, appena sa chi siano. Oltre quel vetro, per esempio, Paul McCartney registrò Why don’t we do it in the road, due metri più avanti c’è un mixer che probabilmente è stato usato per il mixaggio di Dark side of the moon dei Pink Floyd. E là fuori, nello strettissimo corridoio, ci sono le tracce, le foto, le firme di chi ha cambiato la nostra vita anche se non ce ne siamo accorti. Qui sono stati restaurati i master di tutti i Beatles, un’operazione chirurgica che mica ha voluto attualizzare un repertorio che non ne ha bisogno: ha voluto soltanto dimostrare che, quando le idee musicali sono ancora vive, basta una semplice spolverata. «Non tanto semplice - si inalbera Allan Rouse, coordinatore dei sei esperti che a questo progetto hanno dato anima e corpo -. Ci sono voluti quattro anni di lavoro». Problemi? Tanti. Drammi? Qualcuno. «Ogni volta che trovavamo qualche difetto di registrazione, le esse sibilanti, i colpi al microfono, tutti questi piccoli dettagli che ci facevano chiedere: se li togliamo, miglioriamo la qualità oppure no?». Ne parla misurando le parole, esattamente come ha misurato le leve del mixer perché, si sa, per masterizzare un disco qualsiasi ci vogliono al massimo due settimane; mentre per restaurare un capolavoro i tempi si dilatano a dismisura.
D’accordo, ma Paul McCartney, Ringo Starr, Olivia Harrison e Yoko Ono hanno avuto da ridire? «Il telefono non ha mai squillato» trilla Allan Rouse con umorismo inglese, come a dire che, se non si sono fatti sentire, allora è tutto a posto e anche oggi, che è il nove nove duemilanove cioè quarant’anni dopo il cd Abbey Road, i Beatles le rughe le conservano solo sui volti e non nei suoni, insuperabili anche volendo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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