Oggi il via al negoziato per il Kosovo

da Vienna

L’appuntamento è per oggi a Vienna. Albanesi del Kosovo e rappresentanti di Belgrado siederanno per la prima volta allo stesso tavolo per discutere del futuro della provincia con la mediazione dell’inviato dell’Onu Marti Ahtisaari e alla presenza di osservatori della Nato, dell’Ue e degli Stati Uniti.
Un negoziato che muoverà da problemi circoscritti e concreti per arrivare solo in un secondo momento ad affrontare le questioni di principio, con la consapevolezza che per una soluzione definitiva bisognerà armarsi di pazienza, ha tenuto pragmaticamente ad anticipare l’ex presidente finlandese pochi giorni fa. «È impossibile, nel 2006, in un anno di tempo, dar vita ad una società nella quale tutti si amino», ha ammesso Ahtisaari, annunciando che si punta ad un’intesa sul decentramento delle strutture della provincia.
Ahtisaari parlerà delle trattative con il vicepremier e ministro degli Esteri Gianfranco Fini a Roma il prossimo 23 febbraio, occasione in cui il capo della diplomazia italiana ribadirà la posizione delle autorità di Roma, convinte della necessità che il progredire del negoziato sullo status futuro del Kosovo vada di pari passo con progressi nel rispetto degli standard.
Decentramento o «questioni tecniche» quali le competenze nei settori della sanità, della giustizia, della polizia e dell’istruzione saranno i temi al centro dei due giorni di colloqui a Vienna, ha precisato la portavoce di Ahtisaari, Hua Jiang. Altri argomenti legati al tema del decentramento, dai confini delle municipalità al finanziamento verranno invece molto probabilmente discussi nel corso di successivi incontri.
I negoziati sul futuro Kosovo - provincia amministrata dalla missione Unmik, istituita dalle Nazioni Unite il 10 giugno 1999 al termine dell’intervento della Nato per fermare le persecuzioni serbe - erano stati avviati formalmente il 21 novembre scorso. Ma finora si sono limitati a colloqui tra rappresentanti delle due parti e l’inviato dell’Onu.
I colloqui diretti sarebbero dovuti iniziare il 25 gennaio, ma sono stati rinviati a seguito del decesso, il 21 gennaio scorso, del presidente kosovaro Ibrahim Rugova. Allora come oggi, la distanza da colmare sul tema centrale del negoziato - l’assetto futuro della provincia - appare ampia. Ne è conferma il fatto che poche ore dopo l’invito di Ahtisaari a procedere a piccoli passi, il presidente serbo Boris Tadic formulava la proposta di congelare per un periodo di venti anni la discussione sull’indipendenza del Kosovo, garantendo in questa fase di attesa una completa autonomia per gli albanesi, sui quali Belgrado non eserciterebbe alcun ruolo di supervisione. A condizione di ricevere precise garanzie internazionali sulla possibilità per i serbi della provincia di usufruire della stessa «ampissima autonomia».


Dichiarazioni cui rispondeva il premier albanese, presente come Tadic a New York per la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: proposte inaccettabili, tagliava corto Bajram Kosumi, sottolineando come dopo oltre sei anni di amministrazione delle Nazioni Unite, il popolo del Kosovo meriti una «chance di essere artefice delle proprie esistenze e vivere libero».

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