Oggi prende una laurea che merita da mezzo secolo

Stamane, davanti al ministro Gentiloni, il re dei presentatori riceverà l’honoris causa in «Tv, cinema e produzione multimediale»

da Milano

In fondo è solo un pro forma: oggi Mike si laurea. A metà mattina nella aula magna dello Iulm di Milano, il padre di tutti i presentatori riceverà finalmente un titolo che ormai gli spetta di diritto e che, con formula aulica, è la «Laurea magistrale honoris causa in televisione, cinema e produzione multimediale». In platea ci saranno il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il sottosegretario agli Esteri, Ugo Intini, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri e - come ha annunciato ieri lo stesso Mike - pure Fiorello. Non ci sarà il ministro dell’Università, forse bloccato dal suo j’accuse a ciel sereno contro le lauree honoris causa. E non ci sarà neppure - ma è come se ci fosse - Umberto Eco, che 44 anni fa, con la Fenomenologia di Mike, aprì il lunghissimo corso di beatificazione accademica che oggi si conclude con il tocco, la pergamena e quel sorriso che di sicuro, tra l’imbarazzato e il finalmente compiaciuto, Bongiorno si concederà davanti al rettore Giovanni Puglisi magari prima di leggere la sua lectio magistralis di quaranta minuti. Chi l’avrebbe detto, tanti anni fa. «Il caso più vistoso di riduzione del superman all’everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna», scriveva Eco col tono acre del compatimento, tipico di chi proprio non se la riesce a spiegare, tutta questa enorme stima popolare, per un semplice presentatore tv che dice giusto o sbagliato a risposte di cui spesso ignora persino la pronuncia. Bene, spernacchiato per decenni dagli intellettualoni, invidiosamente ridicolizzato anche dai suoi colleghi, l’everyman oggi prende la laurea per un prodigio che neppure a un superman, e tantomeno a Umberto Eco, è mai riuscito: ha fatto parlare bene gli italiani, senza rancori o sporcizie, e lo ha fatto per più di mezzo secolo. Come ce l’abbia fatta, si sa: i suoi programmi, da Lascia o raddoppia? fino al Migliore sono sempre stati il sintomo di una divulgazione competitiva, di un modo lieve di mescolare gara, nozionismo e divertimento che ha sempre avuto come comune denominatore l’onestà. Ma ci si dimentica con quali risultati: Mike Bongiorno è rimasto il prototipo di un modo di fare televisione che i tempi non hanno superato, anche se selvaggiamente talvolta lo hanno voluto. E così, quando come nelle ultime puntate dell’ultima edizione del Migliore, Mike Bongiorno arrivava alla fine stremato, mescolando la fatica a qualche guizzo di autoironia, tornavano in mente le parole di Eco, quel devastante «Mike Bongiorno è privo del senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà». Che disprezzo.

In più di mezzo secolo, Mike l’ha formata, la realtà, accompagnando gli italiani lontano dai dialetti, amalgamando le loro espressioni, purificando, o provando a farlo anche oggi, i residui campanilistici o borgatari così sfacciatamente ostentati. Lui non si è mai preso sul serio, per fortuna. Ma oggi dobbiamo farlo noi perché semplicemente non c’è altro da fare: grazie Mike, e congratulazioni.

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