«Ogni anno 100 nuove aziende Regione e Comune ci aiutino»

Le 9mila imprese lombarde danno lavoro a oltre un milione di persone: il primato nel settore manifatturiero

Paolo Galassi è il presidente nazionale e milanese dell’Api, l’associazione delle piccole e medie imprese che rappresenta 9mila aziende lombarde delle quali 3.000 a Milano. Le Pmi nella nostra città danno lavoro a un milione e 181mila persone. Il Pil cittadino è di 105 miliardi di euro, quello regionale ammonta a 271, cioè il 20 per cento di quello prodotto dell’intero Paese.
L’attività delle nostre imprese è prevalentemente concentrata nei comparti meccanici e metalmeccanici del settore manifatturiero. A Galassi abbiamo chiesto quali sono i principali problemi delle Pmi e quali impegni chiede a Comune Regione per lo sviluppo del settore.

Presidente, quali sono i presupposti per lo sviluppo delle Pmi?

«Qualunque politica di sviluppo per il futuro di Milano non può prescindere da una maggiore rappresentatività del nostro settore là dove si decide. Non siamo abbastanza rappresentati negli organismi istituzionali territoriali. Abbiamo bisogno di strategie condivise che ci facciano crescere e che il punto di vista delle piccole e medie imprese sia tenuto in considerazione. Insomma, non ci sono solo gli interessi di Confindustria anche se la sua lobby occupa tutte le posizioni strategiche».

In cosa è diverso il punto di vista delle piccole imprese?

«Le grandi aziende ormai si occupano di finanza. Noi facciamo parte dell’economia reale, produciamo occupazione e reinvestiamo nell’attività per farla crescere. Ma abbiamo bisogno di ulteriori sbocchi di mercato e d’internazionalizzazione dei prodotti. Non si può cedere la tecnologia ai cinesi come è successo nel calzaturiero: poi si fanno le scarpe da soli e inondano i mercati di prodotti a prezzi stracciati a discapito della qualità e della creatività italiane. Siamo noi, aiutati dalle istituzioni, che dobbiamo concludere affari qui e nel loro Paese».

Che cosa volete dalla Regione?

«Di farci partecipare maggiormente per esempio nelle politiche d’internazionalizzazione e dare una mano concreta a un settore come il nostro che registra la nascita di un centinaio di imprese all’anno ognuna delle quali ha tra i 10 e i 250 dipendenti. Noi creiamo lavoro e siamo una risorsa per l’economia locale e nazionale. Si potrebbe pensare a una struttura di promozione e sviluppo del settore con la collaborazione dei Comuni regionali».

Quali sono le richieste per il Comune?

«Una revisione del piano urbanistico per avere più spazio e localizzare meglio, a costi contenuti, le nostre attività manifatturiere. Chiediamo anche di trovare meccanismi adeguati per mettere in moto risorse destinate all’innovazione.

Per esempio in collaborazione con le università abbiamo raccolto e pubblicato 62 brevetti che potrebbero essere sfruttate dalla piccola e media impresa. Noi, insieme agli atenei e al Comune potremmo creare un polo propositivo in questa direzione. Palazzo Marino potrebbe essere la cabina di regia per attivare canali e trovare risorse».

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