da Milano
I sorrisi sono tirati, le parole di circostanza. Belle parole come «solidarietà» e «disponibilità» nascondono l'obbedienza agli ordini di scuderia. Davanti al diktat del governo sui rifiuti il malcontento delle regioni rosse è palpabile: e soprattutto delle maggiori, Emilia-Romagna e Toscana, quelle che - come già successo nelle precedenti crisi - sono destinate a smaltire la gran parte della munnezza campana. Fino a ieri pomeriggio i due governatori non si erano sbilanciati pubblicamente sull'eventualità di ricevere le immondizie di Napoli.
Da Bologna, durante una lunga telefonata con Romano Prodi, Vasco Errani aveva concesso una mezza possibilità: «Ma dipende dalle condizioni», aveva precisato. Errani è anche presidente della conferenza Stato-Regioni: un suo «no» sarebbe stato dirompente. Da Firenze, Claudio Martini si era limitato a dettare poche e secche parole: «Andrò a Roma per partecipare alla riunione del tavolo nazionale. Ascolteremo le richieste e le valuteremo».
A differenza di Piemonte, Lazio e Sardegna, che già martedì si erano detti «pronti ad accogliere i rifiuti», Emilia e Toscana non avevano manifestato alcun entusiasmo. Ieri il «malpancismo» è apparso evidente. Le regioni hanno sistemi di smaltimento tarati sulle quantità di immondizia prodotta localmente e sovraccaricare gli impianti (inceneritori e discariche) potrebbe provocare altre emergenze. E poi ci sono i brontolii dei cittadini. Guarda caso, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi soltanto Antonio Bassolino ha parlato di «clima di piena condivisione»: nessun altro ha mostrato tanta euforia.
«Siamo tutti d'accordo nel dare una mano a superare l'emergenza, ma è chiaro che il problema non verrà superato se ogni regione non risolverà la propria situazione costruendo i termovalorizzatori necessari», ha detto Martini. «Ci siamo limitati a dare una risposta politica accettando l'invito del presidente Prodi ad aiutare il superamento dell'emergenza», ha precisato freddamente Errani. Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell'Associazione dei comuni italiani, ha garantito che metterà «a disposizione delle amministrazioni campane le conoscenze e le esperienze positive» più che le discariche. Le Marche collaboreranno dopo aver sentito le province, la Puglia si affida alle discariche private, la Calabria farà quello che può, Liguria e Friuli Venezia Giulia si sono chiamati fuori. Insomma, anche nelle maggiori giunte di sinistra è un festival dei distinguo.
Quello che si pensa davvero nelle regioni rosse, lo sintetizza Emanuele Burgin (Pd), assessore all'Ambiente della Provincia di Bologna: «Non ci sottrarremo al nostro dovere, ma questa situazione è uno schifo. Nei 14 anni di emergenza rifiuti in Campania abbiamo sempre fatto la nostra parte con senso di responsabilità, nel 2006 Bologna si fece carico di tutta la quota di rifiuti campani scaricati sull'Emilia-Romagna. Ma se mi si chiede se sono contento di questa situazione, dico che è uno schifo che ogni due anni siamo costretti a ricevere la spazzatura di Napoli».
Burgin rappresenta il sentire diffuso. Che non è fatto soltanto dall'insofferenza verso un'emergenza incancrenita. Ci sono anche i vincoli oggettivi degli impianti di smaltimento, che limitano il contributo effettivo della regione. Secondo Alessandro Bratti, direttore generale dell'Arpa (Azienda regionale per la protezione ambientale), nel 2006 l'Emilia-Romagna avrebbe potuto ricevere 90mila tonnellate aggiuntive di pattume: «Ma è una stima puramente teorica, i termovalorizzatori sono dimensionati sul fabbisogno delle singole province».
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