Ha proprio ragione la sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico quando sostiene, nel fastidio generale, che «per far rinascere il cinema italiano l'ideale sarebbe azzerare tutto», cioè finanziamenti statali, aiuti obbligati, concessioni politiche. Certo, con le nuove norme introdotte dall'ex ministro Urbani si fanno, grazie a Dio, meno film, e soprattutto i finanziamenti, concessi sulla base della sceneggiatura e del reference-system, devono essere coperti, in modo da non creare nuove voragini. Poi, però, c'è il fattore umano, ovvero quel mix di rapporti, frequentazioni, favoritismi che entra in gioco anche in presenza della migliore delle leggi.
Sapete come funzionano le commissioni, no? Tu fai un piacere a me, io ne faccio uno a te. Così è successo, nel corso del 2005, che alcuni dei progetti ritenuti «di interesse culturale nazionale» abbiano ricevuto una spintarella di troppo. Accadeva anche prima in forme macroscopiche, addirittura da indagine giudiziaria. Non sarebbe dovuto più accadere. Invece ecco che il ministro Buttiglione si mobilita in persona, tramite il suo consigliere, per far passare un film, Piparedduzzo, regia di Tonino Zangardi, che non aveva riscosso - come dire? - il massimo dei consensi tra gli esperti, anzi tutt'altro.
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