Ogni Telemaco ha il suo Ulisse. E le onde del mare lo sanno bene

Sul confine orientale dove cambia tutto, compresi i cognomi, a volte emerge la verità

Ogni Telemaco ha il suo Ulisse. E le onde del mare lo sanno bene

L'onda del mare ritmica cade accanto ai miei piedi su la pietra gialla usurata e ricoperta di alghe sottili che riemergono schiumando, per tornare quasi subito sommerse. E io, Telemaco Bicic, negoziante al minuto e all'ingrosso di biancheria, in questo piccolo porto, appena posso guardo così nell'acqua, da sempre: ci sono abituato e mi quieta. Bicic è un cognome utile in queste coste, dove ora comandano i veneziani, ora gli slavi; basta togliere o mettere una c per andare d'accordo con tutti. I cognomi brevi richiedono un nome lungo e fino a stamane bastava questa ovvia deduzione a spiegarmi il mio nome, scelto del resto dai miei durante la guerra, quando si deve fare un po' tutto in fretta. Pare che io poi abbia gli occhi celesti come uno zio di mia madre, greco, almeno me lo diceva mio padre. Viene un'onda più forte, quella che pareggia ogni tanto i difetti delle altre, e le riordina. Lascio cadere nel breve gorgo, che mi bagna le scarpe, quel foglio di carta a quadretti scritto a matita che ho portato via dal negozio. Stamane era di quelle mattinate tardo primaverili in cui l'aria calda fa piovere e prudente io stavo avvolgendo la tenda d'una vetrina del negozio, quando davanti a me appoggiato al bar sul lungo mare ho scorto quel vecchio in attesa. Ho pensato a un turista e ho riordinato le federe di cotone e le tovaglie che erano rimaste in disordine sopra il bancone dalla sera avanti. Dopo la morte di mia madre, l'anno scorso, avrei subito dovuto vendere. Non sono tagliato per fare bene il commerciante. Ora devo trattare io coi rappresentanti e non lo so fare: mi dispiace dispiacerli, loro parlano. Sempre dico no, all'inizio, che è un ordine eccessivo e costa troppo; ma al bar ridono e mi convincono. Il pescatore, quello sì sarebbe il mio vero mestiere!

Dopo essere rimasto a bagnarsi almeno un'ora intera sotto la pioggerellina, fingendo di guardare da una altra parte, il vecchio è entrato. Per un refolo di aria di mare ha faticato a chiudere la porta, ma subito, mentre ancora armeggiava colla maniglia, intimidito mi ha detto che voleva una tovaglia. E senza guardare ha indicato la vetrina dietro di lui, dove era la più bella, di fiandra. Indossava una camicia di lana alla buona, e aveva dei pantaloni molto usati ma ben stirati, come li hanno sempre i pensionati in gita. Metà della sua fronte era bianca e l'altra metà arrossata; le sue mani, tutte rigonfie e tagliuzzate, indugiavano, non osavano toccare la tovaglia che gli avevo messo davanti. Poi senza chiedere il prezzo ha scelto il cotone di fiandra, e mentre lo rimettevo nella scatola e l'incartavo, ha cominciato ben altro discorso. Mi ha spiegato che era stato qui quand'era soldato. E come succede ai bambini e appunto ai vecchi, senza motivo, s'è infuocato a raccontare di sé, macchinista nel genio ferrovieri. S'è messo a dire com'era buono il latte appena munto che pare andasse a bere a casa d'una fidanzata, ha spiegato che già ai suoi tempi serbi e croati si massacravano. Così è diventato più sicuro, e ha anche guardato il quadro dove c'erano i miei appena sposati. Il rametto d'ulivo, appoggiato sopra il chiodo sulla parete, era impolverato. E mi ha fatto un po' vergognare; ma da quando è morta mia madre nessuno pulisce; neppure mio fratello, che ogni pomeriggio mi sostituisce in negozio. Poi sono tornato ad ascoltare il vecchio. Ogni cortesia richiede si debba stare a sentire qualcuno che ha comprato un'invendibile tovaglia di fiandra. E per diversi minuti ho seguitato a non capire. Quando però siamo sfilati davanti allo specchio, e mi ci è andato lo sguardo, ho visto che accanto a me c'ero io, da vecchio. Il vecchio aveva gli occhi celesti come i miei, la sua bocca sorridendo si piegava come la mia, la sua fronte, persino il contorno dei capelli erano identici: il suo viso era il mio viso.

Queste serate sul mare dopo la pioggia, anche quand'ero ragazzino e mi fermavo come adesso a guardare le piccole onde di marea, mi hanno sempre quietato. Sarà quel ritmo per cui tutto ritorna, si placa e pulisce dentro. Il vecchio ha visto nello specchio che io avevo visto quanto non riusciva a dirmi. E io non riuscivo a chiedergli. Era già arrivato il resto della comitiva di turisti e poi mio fratello. Nessun altro ha capito che quel vecchio era mio padre. La turba di turisti, suoi colleghi di viaggio lo ha fatto tornare uno di loro.

Neanche mi hanno visto quando gli ho carezzato le spalle; neppure gli hanno badato dopo, quando ha scritto su un foglietto a quadretti del blocco notes che sta sopra il bancone il suo indirizzo. Persino Omero non riesce a far dire molto di più al suo Telemaco; soltanto il mare era lo stesso.

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