Ok dell’Agenzia del farmaco: la Ru486 arriva in Italia

Il tira e molla è finito a tarda sera. Poi, la decisione di dare il via libera alla registrazione della pillola abortiva anche in Italia e dunque alla sua commercializzazione su larga scala. Tra due mesi al massimo, ogni donna potrà liberamente abortire usando la via farmacologica e non quella chirurgica. Senza alcun limite.
La decisione di aprire le porte ad un nuovo modo di interrompere la gravidanza, apparentemente più soft ma per molti esperti più dolorosa e rischiosa, è stata a lungo discussa e contestata all’interno dell’Agenzia italiana del farmaco che per la prima volta ha votato a maggioranza e non all’unanimità. I sì sono stati, a quanto risulta, quattro su cinque. Sono loro che hanno deciso di aprire le frontiere alla pillola abortiva in Italia nonostante le drastiche critiche del Vaticano e la strenua opposizione di gran parte del governo. Fino ad ora, infatti, l'utilizzo della Ru486 era estremamente limitata. Veniva utilizzata soltanto negli ospedali in cui è ammessa la sperimentazione oppure su richiesta delle donne interessate ad ottenere questo tipo di aborto farmacologico. In questo caso, però, l’ospedale doveva inoltrare richiesta formale e ottenere il medicinale attraverso la farmacia interna. Ora i tempi si accorceranno sensibilmente. E la pillola sarà disponibile in ogni azienda ospedaliera e le attese per ricevere il farmaco si abbatteranno sensibilmente.
Restano, in ogni caso, irrisolti tutti i nodi sollevati da più parti sulla validità della pillola abortiva. E sui rischi per la salute della donna. «Personalmente sono molto perplessa sull’utilizzo della pillola abortiva Ru486, ha affermato il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Dall’88 sarebbero 29 le morti tra donne in vari paesi a causa sua, ma il dato non è nei verbali del Comitato tecnico dell'Aifa». Picchia duro anche Luca Volontè dell’Udc, che definisce la Ru486 «pillola assassina» nonostante la sua registrazione ufficiale nell’elenco dei farmaci e invita l'Aifa a pubblicare il dossier sulle conseguenze che può provocare. Ma le accuse di chi non vuole la pillola in Italia non sembra abbiano turbato più di tanto l'Agenzia italiana per il farmaco. «Non ci faremo condizionare e prenderemo le nostre decisioni» aveva detto Guido Rasi, direttore generale dell'Aifa. «Ognuno è libero di dire ciò che vuole - ha aggiunto Rasi - noi siamo tecnici e prenderemo la decisione giusta». E la decisione è stata comunque presa. Ora si tratta di regolamentare al meglio l’uso di questa pillola. Fino ad ora, infatti, ogni regione si è mossa per conto proprio.

Ad esempio l’Emilia Romagna prevede tre giorni di ricovero in day hospital, ma due pareri del Consiglio superiore di sanità dicono che c’è parità di rischio tra aborto farmacologico e chirurgico solo se l'aborto farmacologico viene completato in ospedale. Inoltre ci sono molte donne che assumono la pillola in ospedale e poi firmano per tornarsene a casa. Rischiando emorragie e complicazioni che un aborto chirurgico non aveva mai provocato.

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