Il giro del mondo con (solo) 12 litri di carburante

In Olanda la 30ª corsa della Shell: arriva primo chi consuma meno La vittoria ai francesi, tremila km con un litro

Il giro del mondo con (solo) 12 litri di carburante

Oltre tremila chilometri con un litro di benzina. O, se preferite, il giro del mondo con un pieno di 12 litri di carburante. È possibile anche se l'auto in questione è ancora solo un prototipo. Alla trentesima Shell eco-marathon Europe di Rotterdam, in Olanda, la competizione che punta sulla mobilità sostenibile, i francesi del team Microjoule, la Joliverie, hanno segnato un record da sogno. La distanza tra Lisbona e Varsavia - 3.314.9 chilometri - ricoperta con un solo litro di carburante. Com'è possibile? Questa macchina del futuro punta tutto o quasi sull'aerodinamica. Ha la forma affusolata, come un siluro. La carrozzeria è tutta in fibra di carbonio. Il motore è di alto rendimento, anche se piccolo. Chi è al volante deve stare sdraiato sulla schiena in un abitacolo molto stretto. La visibilità è limitata, i sorpassi quasi impossibili, la velocità media è di 25 chilometri orari.

Non stiamo parlando di vetture da strada, ma nella città olandese si contribuisce a scrivere il futuro. Oltre alla categoria dei prototipi, ecco gli «urban concept». Automobiline più spaziose più simili alle utilitarie da città. Una gara speciale nel circuito cittadino di Ahoy, un'arena per eventi sportivi e concerti. Non vince chi arriva prima, ma chi è in grado di percorrere una distanza più lunga con consumi ridotti. Benzina, diesel, idrogeno, energia elettrica e Gtl (Gas to liquid): ecco i principali tipi di alimentazione usati. I protagonisti?

Ragazzi delle scuole superiori e delle università da 27 Paesi, suddivisi in 198 team. Tre giorni in pista, da venerdì a domenica, e dieci giri da 1.600 metri ciascuno da fare in meno di 39 minuti. Il premio è di 1.500 euro per diverse categorie. Alla fine, i giudici fanno i calcoli sui consumi di queste auto dai colori sgargianti e dalle forme più disparate. Rosse, arancioni, verdi, grigie. C'è chi porta su pista un modello in legno come gli inglesi della Aston University di Birmingham o i danesi della Aalborg University che fanno ricorso alle stampanti 3D per realizzare molti pezzi della vettura. Nei paddock, dei garage improvvisati in compensato, c'è chi dà l'ultima aggiustatina con il trapano, chi legge alcuni dati al pc, chi lucida la monoposto prima di portarla in pista. Le storie non mancano. E alcune sono tutte italiane. L'Itip (Istituto d'istruzione superiore tecnica industriale e professionale) «Luigi Bucci» di Faenza, in provincia di Ravenna, in gara per il 18esimo anno, è la memoria storica della competizione. Porta a casa un primo posto e un terzo.

«Quest'anno diventiamo maggiorenni», dice Samuele, 18 anni. In uno dei due box della scuola aspetta che FaBI-Sparkless, il prototipo usato quest'anno, scenda in pista. Accanto a lui c'è Libero Tassinari, 72 anni, meccanico in pensione. Gli piace stare accanto ai ragazzi, una trentina, tutti molto affiatati. Racconta: «Entro in scena quando serve il miracolo. Usare il trapano è il mio mestiere. Il segreto? Il gruppo unito e la voglia di imparare. Ci sono studenti, ex studenti e tre prof. Stiamo in tenda. Questi ragazzi lavorano sodo per un anno per arrivare qui pronti». Non lontano da Faenza, c'è Carpi. Non solo sulla cartina, ma anche nei paddock di Rotterdam. L'Itis (Istituto tecnico industriale statale) «Leonardo da Vinci» della cittadina modenese è per l'ottavo anno alla Shell Eco-marathon. Stefano Covezzi, professore di tecnologia meccanica, fa il punto: «Lavoriamo insieme da settembre a maggio. I ragazzi devono appassionarsi e andare bene a scuola per partecipare. I costi sono il tasto dolente, ma stiamo in tenda e ci arrangiamo con le cucine da campo». E non potevano mancare le università italiane. I ragazzi dell'ateneo di Potenza si sono sobbarcati un viaggio di 23 ore in autobus per arrivare in Olanda. Poi il Politecnico di Torino, che vince il premio per la comunicazione. Antonio Fonti, vehicle manager del team H2politO, studia ingegneria energetica e spiega: «Siamo in 70 e portiamo due vetture.

Impariamo sul campo: entriamo nelle fabbriche e impariamo i segreti del mestiere. Il rettore è il nostro primo sponsor. Il Politecnico ci dà il know-how e le risorse. Noi lavoriamo dalle 8 alle 20 con passione». Insomma, il percorso verso la mobilità sostenibile è segnato.

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