Claudio De Carli
Massimo Moratti ha convocato nel suo ufficio Saras di Galleria De Cristoforis i due responsabili di mercato Gabriele Oriali e Marco Branca per capire se ha costruito veramente la squadra più forte del mondo.
Rosella Sensi, figlia di Franco e amministratore delegato della Roma capolista, cerca di capire se Luciano Spalletti è veramente il suo allenatore del futuro. È sempre una questione di soldi e non sono quesiti da poco, tengono alta la quota a 24 ore dal primo big match di campionato allo stadio Olimpico e lo si capisce dalle dichiarazioni di quiete apparente: «Nessuna crisi allInter», spera il patron, «Spalletti resterà a lungo con la Roma», si augura Rosella.
Massimo Moratti non ha tantissima voglia di mettere nuovamente mano alla borsa, a Mancini ha fatto capire che è arrivato il momento di prendere le decisioni che servono per arrivare alla fine del campionato con un gruppo, possibilmente ristretto, e su quello lavorare. È convinto che non ci sia niente da aggiungere, ma eventualmente ci sia da scremare, anche se la presenza nei suoi uffici dei due operatori di mercato ha riacceso le voci di uno scambio Adriano-Ronaldo, sempre in riabilitazione alla Casa Blanca di Madrid ma molto risoluto a risorgere: «Se non torno il numero uno - avrebbe dichiarato -, mi sparo». Giusto per sdrammatizzare.
E Rosella fiuta laria di Trigoria. Ieri cera il ct azzurro Roberto Donadoni in visita pastorale ai campioni del mondo giallorossi, ha scherzato con Spalletti e ha assistito allallenamento. Spalletti del rinnovo del suo contratto in scadenza a giugno 2007 non parla e questo non lascia tranquilli. Chi lo conosce spiega che è tutto molto normale, Luciano attende che maturi la situazione, prende 1,3 milioni a stagione, magari arriva chi offre di più. Magari proprio lInter dove la situazione è sempre molto fluida. Il capo è Moratti e dicono sia eccessivamente umorale, un eufemismo per spiegare che cambia progetti con facilità, ma se chi ha il comando non ne abusa, cosa se ne fa del suo potere?
Intanto al momento mantiene la calma e fa sapere che la sconfitta in Champions e il pareggio interno con la Samp non significano crisi: «Anche se si poteva iniziare un po meglio», ha borbottato rimandando tutto al prossimo test. E così la sfida con la Roma diventa subito una prova di forza, un segnale inequivocabile che i nerazzurri devono mostrare per togliere ogni dubbio dalla testa del capo, perché il vero nemico non sono i giallorossi o i soldi spesi per loro, ma il Milan che nel giro di tre sole giornate rischia di essere già lì a soffiare sul collo, e questa paranoia non è solo del patron ma anche della squadra e soprattutto di Mancini.
La Roma dopo la sconfitta in Supercoppa non ha più sbagliato, lo dicono i risultati. Con Livorno, Shakhtar e Siena è cresciuta nel secondo tempo, ma è stato tutto molto casuale, lo ha fatto capire anche Spalletti: «Il Siena era in dieci - ha dichiarato nello spogliatoio -, altrimenti avrebbe potuto metterci in difficoltà». Adesso gira tutto bene e lui può anche permettersi frasi di questo tipo: «Non so se lespulsione di Brevi fosse corretta». Dallaltra parte Mancini deve invece tamponare, giustificare le sue scelte, spiegare perché resta indeciso anche sul portiere. Spalletti dicono sia terrorizzato allidea che Montella torni abile, e con lui Vucinic: gente che gli sconvolgerebbe piani e schemi. Mancini invece non sa decidersi con chi formare il miglior attacco: è sfortunatissimo, gli stanno tutti bene. Paradossi del calcio.
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