Limpianto accusatorio che in primo grado ha portato alla condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba vacilla. Altro che «indagini dettagliatissime», come ha detto in chiusura di requisitoria il sostituto pg Nunzia Gatto. Non cè alcuna prova scientifica che collochi la coppia nellappartamento della mattanza, né tracce biologiche dei presunti macellai nellappartamento dove morirono tre donne e un bambino. Il Ris laveva già sostenuto deponendo per la difesa in primo grado, e questo enorme punto interrogativo sembrava risolto dalla macchia di sangue trovata nellauto di Olindo, sulla cui perquisizione pende però il verbale firmato da uno degli agenti che prima di entrare nella Seat Arosa aveva calpestato il sangue raccolto nel primo sopralluogo. Il verbale che documenterebbe una possibile contaminazione involontaria diventa carta straccia quando il maresciallo dei carabinieri Gallorini dice in aula che lagente laveva firmato ma non aveva partecipato alla perquisizione. E che chi ha ispezionato lauto non ha firmato il verbale. Strano.
Ma la macchia dovè? Nelle foto scattate durante i rilievi condotti dal solo agente Fadda (che in aula dirà tre volte «ho fatto tutto da solo») e pubblicate dal settimanale Oggi, non si vede mai. O meglio, cè una foto del battitacco della Seat con un cerchio rosso, ma a occhio nudo dentro quel cerchio non si vede nulla. Ora è spuntato un secondo uomo, presente nel garage con il Luminol in mano. È Olindo che aiuta i carabinieri a spedirsi allergastolo scattando foto o aiutando a cercare il sangue delle vittime sulla sua auto? O forse, se escludiamo questipotesi grottesca, di cui peraltro Fadda ha taciuto, cè un altro? E chi è? E perché Fadda non ne ha parlato? Sembra che a nessuno importi. Sembra quasi che ciò che cè a verbale e ciò che viene detto in aula, in un processo per strage, non conti nulla. Perché, a contare, pare sia solo lo sguardo dellOlindo furioso colto da Gallorini a poche ore dalla strage.
Anche la famosa «pista familiare», carte alla mano, appare poco percorsa, contrariamente a quanto sostengono gli inquirenti. Il 14 dicembre Carlo Castagna dice a Gallorini che suo figlio Pietro è rientrato alle 22 con la Panda della moglie. Il 16 Pietro dice allo stesso Gallorini, che ha dormito tutto il pomeriggio. Cè un buco di otto ore tra le due versioni. Nessuno approfondisce, nessuno intercetta la Panda che non è citata nemmeno in un atto dindagine sebbene sia oggetto di conversazione telefonica tra i componenti della famiglia in mano alla difesa. Strano. Perché contemporaneamente il superstite Mario Frigerio si è svegliato e ha riconosciuto un olivastro più alto di lui e con gli occhi scuri, mai visto prima. Viene fatto stilare un identikit. Ma è ancora una volta il luogotenente Gallorini a prendere liniziativa. Pur avendo annotato a verbale che nelle cose sequestrate dai Romano la sera della strage non cera sangue, va da Frigerio e gli chiede se «la figura nera che aveva di fronte» poteva essere Olindo. E Frigerio, traumatizzato in ospedale, dopo unora che glielo chiede dice sì, forse è lui: più basso, occhi più chiari, qualche capello in più e soprattutto ancora olivastro. Ma che importa. È perfetto se però a Natale un pregiudicato che conosce Azouz non fosse andato dai carabinieri a dire che ha visto il «fratello della morta» e un tunisino allora e nei pressi della strage. Non cè ancora un indagato. E che fa Gallorini col teste oculare che vede un Castagna e un tunisino che si presume sia olivastro come sul primo identikit fornito da Frigerio? Si tiene il verbale in caserma una ventina di giorni senza mandare nulla ai magistrati, fino a tre giorni dopo la conferma dellarresto degli imputati. Dirà che aveva lavorato allipotesi, ma senza fare verbali. Quando Frigerio riconosce Olindo davanti al Pm, dicendo però che è olivastro, è ancora un po confuso. Poi lo riconoscerà, anche in aula. Quella sera viene trovata la famosa macchia sullauto, una macchia della moglie di Frigerio. Il giorno dopo, Olindo viene per la prima volta iscritto sul registro degli indagati. Lui, perché su Rosa non cè alcuna prova, ma verrà comunque arrestata. Neanche Frigerio la nomina mai, e nella prima perizia autoptica depositata si parla di un solo assassino, per giunta destrimane e non mancino come Rosa.
A inchiodare la diabolica coppia la macchia sullauto e la testimonianza ferrea di Frigerio. E loro, spazzino e casalinga, che fanno? Cercano il minore dei mali, confessando. E qui la Gatto ha ragione: la versione dei coniugi combacia perfettamente con la ricostruzione dellaccusa. Olindo ne parlava nelle intercettazioni con la moglie, diceva di aver letto il provvedimento darresto. Poi, quando va a confessare, siccome tutto tutto non lo ricorda, i Pm fanno vedere a lui a e sua moglie le foto del massacro (risulta dal verbale del 6 giugno 2007) e oltre alle foto fanno sentire a Rosa tutte le dichiarazioni del marito che lei aveva poi confermato (come dal secondo verbale del 10 gennaio 2007 a Rosa Bazzi, pagine 4 e 6). Altro giallo: dalla trascrizione dellinterrogatorio del 10 gennaio 2007 di Olindo che andrà al Gip che ne deve confermare gli arresti, scompare come per magia una frase dellaudio di uno dei Pm: «Passiamo alla prossima fot...».
Le confessioni combaciano, dice la difesa, ma ci sono 240 errori rispetto alla perizia del Ris nel racconto di una strage compiuta in una manciata di metri quadrati. Cè la Cherubini che secondo laccusa avrebbe fatto una rampa di scale con 43 colpi sul corpo, di cui otto che le avevano già sfondato il cranio, e che avrebbe sillabato la parola «aiuto» con la gola tranciata e la lingua mozzata. La prima autopsia sostiene che sia stata uccisa lì, nellappartamento dove Olindo e Rosa diranno di non esser mai saliti. Ma se la vittima era ancora viva allarrivo dei soccorritori, che in aula hanno raccontato quellultimo urlo, da dove sono usciti gli aggressori? Dal tetto? Non secondo il luogotenente Gallorini, che il 7 gennaio verbalizza ciò che ha fatto la sera della strage, quasi un mese prima: scrive che subito dopo la strage aveva escluso lui che gli aggressori fossero usciti dai tetti, anche se non ne aveva mai fatto cenno in precedenza. Così, a occhio, senza foto né Luminol. Troppe cose, sostiene la difesa, non tornano. Troppi pezzi del puzzle faticano a combaciare con la versione che per lungo tempo tv e giornali hanno trasmesso. Ma per laccusa era ed è tutto perfetto.
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