Gian Micalessin
da Gerusalemme
Il premier Ehud Olmert, ieri, poteva solo giocare al cattivo. Fino a domenica giurava di non voler sprecare un solo minuto con gli inviati dellOnu Vijai Nambiar, Terje Roed-Larsen e Alvaro de Soto arrivati a Gerusalemme per illustrare il piano per un cessate il fuoco in Libano. Alla fine, invece, stupisce tutti. Dopo aver lasciato i tre inviati con il proprio capo di gabinetto Yoram Turbowitz e il consigliere Shalom Turgeman, bussa alla porta, entra nella stanza e tira le conclusioni dellincontro. Fedele al proprio copione Olmert esclude qualsiasi arretramento e ricorda di non voler fermare esercito, fino a quando il suo Paese sarà minacciato, fino a quando non verranno rilasciati i soldati rapiti. Olmert, che ha effettuato una visita segreta a Haifa, ha anche detto che il rapimento dei due soldati è stato concordato con lIran al fine di distogliere lattenzione internazionale dalla questione nucleare.
La parte del buono spetta tutta al ministro degli Esteri signora Tzipi Livni. Tocca a lei parlare di diplomazia. Tocca a lei far intravedere la possibilità di un dialogo e di una collaborazione. Il ministro degli Esteri evita innanzitutto di reiterare liniziale secco no israeliano allo schieramento di una forza internazionale nel sud del Libano. «Considereremo tutte le proposte sul tavolo», dichiara la Livni dopo lincontro con gli inviati dellOnu. Subito dopo ricorda che Israele preferirebbe di gran lunga un impegno diretto dellesercito libanese. «Se ci fosse bisogno di rafforzare lesercito libanese per metterlo in grado di evitare un ritorno di Hezbollah considereremo come farlo», assicura la Livni.
Anche il vice premier Shimon Peres esprime scetticismo sulla necessità di una forza internazionale. «Lesercito libanese ha più di 70mila soldati, non cè bisogno di qualcun altro per garantire il controllo dei confini, il problema è che non hanno voglia di combattere», sostiene Peres secondo cui «bisogna anche chiedersi se vi sia veramente una forza internazionale disposta a usare le armi per fermare i 1.500 missili lanciati in cinque giorni».
Il ministro degli Esteri Livni si guarda bene dal promettere unimminente interruzione degli attacchi. Nelle parole della Livni la diplomazia è solo unestensione della guerra con altri mezzi. «Il processo diplomatico non è destinato a ridurre i tempi fissati per le operazioni militari, ne rappresenta piuttosto unestensione per evitare la necessità di nuovi interventi in futuro».
Lincontro con Nambiar evidenzia anche lampio fossato che divide la proposta dellOnu dalle condizioni fissate da Israele. Il Palazzo di Vetro pensa a un rilascio dei militari israeliani seguito da un immediato cessate il fuoco. Il governo israeliano considera la liberazione dei due militari come una semplice precondizione alla quale dovrà seguire il completo azzeramento delle capacità militari di Hezbollah: leventuale negoziato si dovrebbe basare cioè sui due principi fissati dal G8. Israele vuole che quellazzeramento sia garantito dal proprio esercito. È questo il terreno insidioso in cui si muoverà il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice, che, stando a quanto ha detto lambasciatore israeliano allOnu Dan Gillerman, si recherà domani allOnu e venerdì in Medio Oriente. La Livni ha ricordato una volta di più a Nambiar di considerare «inefficace e irrilevante» la missione Onu nel sud del Libano.
La volontà di andare fino in fondo viene sottolineata anche dal vice capo di stato maggiore Moshe Kaplinski che non esclude, in unintervista, la possibilità di uninvasione del Libano. «In questo momento non stiamo ancora pensando ad attivare una massiccia forza di terra, ma se dovremo farlo, lo faremo, non lo posso escludere».
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