Oltre a Lady Gaga c’è di più In spiaggia vince l’inglese

MilanoInsomma, quasi ci siamo: a luglio sbocciano i tormentoni. Stavolta ci sono tanti candidati, il solito battaglione di ritornelli semplici e appiccicosi. Ma nessun favorito. E se la giocano tutti, ma proprio tutti, alla pari, da Poker face a La la song fino alla pandemica Jai Ho o alla insinuante Maledetto ciao. Dicesi tormentone quella canzone che senti ovunque, in radio, al supermercato, in tv dappertutto, e alla fine ti conquista per sfinimento, assorbita senza volerlo, metabolizzata a forza dopo migliaia di ascolti a bruciapelo. Campione assoluto: Stasera mi butto, stasera mi butto, mi butto con te. Altri esempi non ce n’è bisogno: ogni estate ha i suoi, da Pinne fucile e occhiali fino alla Macarena, e chiunque se ne ricorda almeno uno perché il potere di queste canzoni, spesso volatili come le gocce di rugiada, è quello di appropriarsi dei ricordi, colorare un momento della vita e solo quello ma poi rimanere per sempre. D’altronde questo è il loro segreto: visto che si stava meglio quando si stava peggio, le canzoni di una volta sono sempre le più belle, specialmente se ascoltate d’estate, in spiaggia, senza timbrare il cartellino della routine. Vacanze 1964? Una rotonda sul mare. 1968? Azzurro. 1983? Vamos a la playa. E via tormentando. Da qualche tempo, per la verità, la categoria è inflazionata perché la musica è ormai un accessorio della quotidianità e il tormentone da spiaggia è l’ultima spiaggia della discografia perciò si prova a lanciarlo per tutto l’anno, mica solo intorno a Ferragosto. E poi ci sono rincorse olimpioniche. Lady Gaga ad esempio canta la sua Poker face da mesi e ormai la canzone di quella biondina lì, un po’ sguaiata, la riconoscono tutti. Idem per Jai Ho delle smorfiose Pussycat Dolls (ma scritta dall’indiano Allah Rakha Rahman), che dalla colonna sonora del film The millionaire ha impiegato quasi un anno a diventare quello che è oggi, un bombardiere radiofonico grazie a un ritornello che è come la carta moschicida, impossibile staccarsi. Idem per Wonderful di Gary Go, uno che sembra uscire dagli anni Sessanta ma che è triste come nei Settanta, oppure La la song di Bob Sinclar, che è un deejay allenato a confezionare proprio quella roba lì, la canzoncina calibrata per non andarsene più. Però, che leggerezza. Anche se quest’anno i testi in inglese sono in vantaggio nel gran premio del tormentone, nessuno riesce a scansarsi dalle banalità pelose (Poker face), oppure insignificanti (Jay Ho e La la song), oppure ancora qualunquiste come quelle di The boys does nothing della patinata Alisha Dixon. Eccezioni: Heavy cross della rotonda Beth Ditto dei Gossip, una che non le manda a dire ed essendo lei lesbica dichiarata, sovrappeso e rockettara, potete immaginare come. E 21 Guns dei Green Day, occhio perché farà strada. In ogni caso, molto meglio gli italiani, che magari sono meno ballabili ma più ricordabili, cantabili, condivisibili, roba che ha un livello medio che cresce anno dopo anno. Prendete Punto di Jovanotti, esplosa al momento giusto anche se esce da un album di un anno e mezzo fa e il suo autore è a New York da un pezzo. Oppure Maledetto ciao di Gianna Nannini, potente e perfetta per fine stagione. E Briciole di Noemi, forse già al capolinea. E Prova a immaginare di Mogol Audio2. O ancora Esco di Airys e Per dimenticare degli Zero Assoluto che in tre settimane ha conquistato oltre duemila passaggi in radio.

E Parla con me di Ramazzotti e infine Indietro di Tiziano Ferro, un altro successo garantito. In fondo ci siamo: queste sono le canzoni che coloreranno l’estate, volenti o nolenti, finché il freddo alla fine le farà cadere come foglie a terra.

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