Cè da giurarci, il concerto di oggi alla basilica di San Marco (ore 22, ingresso gratuito con distribuzione dei biglietti unora prima dello spettacolo) piacerà molto al pubblico e sarebbe piaciuto tanto anche a lui, Karlheinz Stockhausen. Gli esperti dietro al Festival MiTo il programma lo hanno concepito così, non a caso. Doveva essere un omaggio al compositore tedesco scomparso lo scorso dicembre alletà di 79 anni, e lo sarà. In piena regola. Come ulteriore «chicca», ci sarà la testimonianza di Gae Aulenti, che al principio degli anni Novanta ha lavorato con il musicista. Larchitetto-scenografo racconterà «...quando facemmo insieme alla Scala Donnerstag aus Licht», lopera che avvicinò un po di più il grande pubblico alla musica contemporanea. Ma veniamo ai brani.
La scelta del «Requiem» di Johannes Ockeghem e de «La deploration de la mort de Johannes Ockeghem» di Joaquin Desprez, eseguiti dallEnsemble Organum diretta da Marcel Peres, è una sorta di viaggio nel tempo; incursioni in un repertorio affascinante, che storicamente si colloca agli antipodi nella sua stessa era, quella della polifonia fiamminga del XV secolo. E che cosa centra luomo di Kerpen-Modrath? Stockhausen, tra i maggiori innovatori del Ventesimo secolo, forse è stato più di ogni altro del suo tempo collegato idealmente e non solo a quel mondo antico, impregnato di simboli, riti e spiritualità. E quella «estrema preghiera», di mistero e trascendenza, quali altri «percorsi» avrebbe suggerito al compositore...
Probabilmente scritto nel 1461, il «Requiem» è la «prima elaborazione polifonica del rito della celebrazione dei defunti», spiegano gli storici. Contenderebbe il primato a una partitura analoga, quella di Guillaume Dufay, che ha firmato poco prima della sua morte. Si potranno gustare le dissonanze, i canoni, la tessitura contrappuntistica a quattro voci...
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