Roma

Ombrellone addio, è l’estate del «beach tennis»

C’erano una volta le bocce e il going (ricordate? Era un ovale di plastica con due fori alle estremità entro le quali passavano due cordicelle di nylon «chiuse» da quattro maniglie, due per ogni giocatore), le piastrelle e le palline di plastica con dentro le immagini dei ciclisti. Bastava poco per divertirsi: una pista creata strusciando il sedere sulla sabbia, una «schicchera» e subito immaginavamo di essere al Giro d’Italia. Preistoria o giù di lì, oggi è diverso: il divertimento da spiaggia è cambiato. L’estate 2009 che si sta per concludere è stata quella dello sportivo da spiaggia.
Spiaggia? Innanzi tutto guai a nominare quella parola. Il termine si è «inglesizzato»: beach. E così abbiamo scoperto il beach volley, il beach rugby, il beach tennis e perfino il beach hockey. Che è la novità di quest’anno, praticato in maniera amatoriale sul litorale laziale e con estrema professionalità in Romagna dove - guarda caso - una squadra della capitale (l’Hc Aiman) ha trionfato nella prima edizione del «Super beach hockey festival 3vs3» laureandosi campionessa italiana della specialità. Ma spieghiamo subito che si tratta di una disciplina nuovissima, nata in Germania due anni fa, e che il vero sport dell’estate è stato il beach tennis, disciplina fatta di volée (per ovvi motivi) e di interminabili attese per giocare. Perché bene o male chiunque è capace di rimandare la palletta dall’altra parte della rete (e dunque tutti hanno voluto provare) e perché le partite diventano generalmente interminabili, fra fusti che simulano le «veroniche» alla Panatta e ragazze con costumi striminziti e tatuaggi in fotocopia capaci di far fermare a bordo campo pure gli intellettualoidi dell’ombrellone, quelli che si infastidiscono per la folata di vento che gli deturpa il giornale.
«Da noi - spiega Maurizio Perazzolo, proprietario dello stabilimento ostiense Mami - il beach tennis l’ha fatta da padrone, si è fatta e si fa tutt’oggi la fila per giocare». «Perché - ha poi aggiunto lo stesso Perazzolo - oltre che un passatempo, rappresenta il modo più semplice per abbronzarsi senza accorgersi del sole e per perdere qualche chiletto di troppo». Guai però a pensare ai placidi ritmi da tamburello: il beach tennis è uno sport frenetico e veloce, con regole precise, che spesso si riduce a una lotta punto a punto che stimola la competitività dei giocatori e rende spesso interminabili le partite, per l’impazienza di chi attende il suo turno per impugnare le racchette.
Ma se questa è stata l’estate del beach tennis, si è continuato a giocare anche a beach volley, sport che ha già conquistato il lignaggio olimpico e che conta un numero sempre più impressionante di proseliti e non sono poche le coppie romane impegnate ad alto livello. Il litorale ha ospitato il Lazio Tour 2009 gruppo E (cinque appuntamenti: Focene, Torvaianica, Scauri di Minturno, Tor San Lorenzo e Ostia) regalando fine settimana all’insegna di sole, amicizia, musica e sport. Piace a tutti, neanche serve essere esperti di schiacciate e bagher, e il bello è che il volley sulla sabbia ha talmente attecchito che i campi sono stati dislocati anche in zone tutt’altro che marinare. Un esempio? A Vignanello, nella Tuscia, è nata una beach arena laddove sembrava impossibile «crearla», in pieno centro cittadino, proprio di fronte alla caserma dei carabinieri.
Intriga, ma ha l’handicap di non poter essere praticato ovunque, il beach rugby. Il campo da gioco è lungo 31 metri, comprese le zone di mèta, e largo 25 metri; e serve un’organizzazione non indifferente, per l’ufficialità bisogna far scendere in campo cinque rugbysti più altre sette riserve. Più facile da praticare e altrettanto spettacolare il beach soccer. Roma ha ospitato a maggio, location il Circo Massimo, l’Eurocup 2009, deludente solo per la prestazione degli Azzurri. Flop o meno della nazionale italiana, comunque non c’è stato spiazzo sulla costa laziale che non abbia ospitato partite di calcetto sulla sabbia. «Peccato solo - come confermano i puristi della specialità - che si siano infiltrati troppi ex calciatori.

Il beach soccer merita gli amatori e non i professionisti d’una volta che snaturano le partite».

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