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Tra le onde con l’Avvocato

In un libro di centrotrentasei pagine curiosità e momenti privati di Agnelli "marinaio". Ricordi e aneddoti di una delle più grandi passioni dell'Avvocato: il mare.

Tra le onde con l’Avvocato

Un altro libro su Gianni Agnelli. Ancora ricordi, diario di bordo si potrebbe dire stavolta trattandosi delle memorie per mare dell’Avvocato. In attesa di una raccolta sui suoi abiti, di un’opera prima sulle sue cravatte, di un’appendice su scarpe e scarponcini, l’agnellificio, lo dico con rispetto estremo nei confronti dell’ultimo irripetibile, grande personaggio della storia italiana, offre un momento per ricordare e per sorridere, verbi che piacevano a Gianni Agnelli. La sua passione per lo sport è risaputa, passava dal football allo sci, finiva in mare, nel senso buono e questo libro, scritto da Alfredo Alocci, direttore di macchina da sempre così come il capitano Walter Cecchinelli, porta la prefazione di Margherita, la figlia che in altre vicende meno marine e piacevoli è stata coinvolta negli ultimi tempi.

Sono centotrentasei le pagine e potrebbero essere anche il doppio se non si limitasse a uno spicchio dell’esistenza dell’Avvocato, sfogliando le sue goliardate barcarole, illustrando anche il piacere per la tavola, nota non del tutto risaputa, anzi spesso intossicata da false testimonianze, tipo Agnelli non mangia, si limita a una foglia di insalata con un’oliva di accompagnamento (Alberto Sordi dixit), dimenticando forse un aspetto essenziale di Agnelli: il gusto per lo scherzo, spiazzando chi gli stesse di fronte, fosse anche un re. Di Gianni Agnelli uomo di mare l’album fotografico, non soltanto quello di Alocci, è pieno di immagini, una su tutte, quella che lo colse mentre, totalmente ignudo, si tuffava, verticalmente, come un debuttante pauroso. Fotogramma clamoroso, vista la postura, la nudità con tutti gli annessi, cosa che avrebbe trovato una sorta di eredità nella recente esibizione di Montezemolo, sempre in barca ma senza tuffo.

Si potrebbe ricordare quel giorno di mezzo agosto del Sessantasette quando il gruppo era formato dai due fratelli, Gianni e Umberto, dalle loro consorti, Marella e Allegra e dall’amico Beno Graziani. Se ne andavano per i mari del sud, tra le Hawaii e Maui quando un elicottero della Marina da guerra statunitense prese a sorvolare la goletta, individuò i passeggeri e tramite messaggio con altoparlante avvisò i fratelli: «È morto Valletta». Gianni e Umberto abbandonarono la gita turistica, il viaggio verso l’Italia comportò scali a Honolulu, Los Angeles, New York, Parigi, prima dell’atterraggio a Torino. Si potrebbe raccontare di quella mattina, anzi era alba, quando i barcaroli capresi restarono stupiti, dinanzi alla Grotta Azzurra, non per l’incantesimo di quel morso di luce fiabesca ma perché videro Gianni Agnelli nuotare nel buio celeste della grotta, come era uso fare l’imperatore Tiberio, stile libero e un sorriso per gli astanti, noblesse oblige. Si potrebbero ancora elencare le barche di Agnelli, dal Kum che era un motoscafo dei favolosi anni Cinquanta ad Agneta (AGNelli-MargheriTA), allo Stealth dalle nere vele, a Capricia, a F100, che è un rimorchiatore trasformato in panfilo d’altura, con motori elettrici per consentire sonni tranquilli ma è anche diventato il nome di una ricetta culinaria amata dal titolare, pasta con ricci e frutti di mare. Sceso, una sera, dal rimorchiatore a Ischia, l’Avvocato venne individuato, seguìto e affiancato, dicono i testimoni, dalla contessa Marzotto. Agnelli non cambiò direzione, passo, postura, la contessa esclamò, come stranita: «Ma sono Marta Marzotto». Agnelli, senza una sola smorfia: «Sì, lo so», proseguendo il cammino.

Il mare era una via di fuga e di possesso assieme, era la liberazione e anche la libertà, il silenzio solitario e l’allegra brigata, l’isola del tesoro e il naufragio pilotato; per uno che già aveva tutto, o quasi, rappresentava dunque il piacere della vita, l’azzardo di un’onda maligna, il profumo dell’aria salmastra, la voglia di tenere il timone di un’imbarcazione, così come il volante di un’automobile, da ricco e non da arricchito, da proprietario e non da possessore, scegliendo itinerari nuovi, esplorando siti inediti. Nuove memorie di un tempo che se ne è andato, adesso sembra addirittura in fretta.


Eppure sono stati ottant’anni di lunga vita, dolce e amara, di Gianni Agnelli e dell’Italia.

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