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Onore ai «vecchi», ma viva la gioventù

Onore ai «vecchi», ma viva la gioventù

Viva la gioventù. Viva l'intraprendente Vladimir Koman che entra al posto del grigio Semioli e suona la diana sulla fascia destra della Sampdoria. Viva il fulmineo Guido Marilungo che subentra al forsennato ma approssimativo Tissone e conquista la punizione del pareggio di Ziegler e porge al divino Fantantonio il pallone della vittoria a spese della Fiorentina. Viva il rampante Gergely Rudolf che contro la Roma sostituisce il dolorante Palacio e segna il suo primo gol in serie A, e pazienza se non basta ad evitare al Grifone la terza sconfitta nelle prime sette gare di campionato. E viva - massì - Reto Ziegler che sulla soglia dei 25 anni, colpevole d'essersi fatto fregare sul gol viola in involontaria combutta con Zauri che non ha impedito il comodo cross e sul punto di divorziare dalla Sampdoria, festeggia la sua centesima presenza in serie A confermandosi degno del 30 e lode sulle punizioni da 30 metri (il ricordo va a Sampdoria-Livorno del campionato scorso) al cospetto dell'emerito professore in materia Sinisa Mihajlovic.
Nel giro di due minuti, Sampdoria all'inferno e ritorno. Al 36' della ripresa, sotto di un gol subito 76' minuti avanti e disperatamente respinti dalla cocciuta muraglia viola, Palombo e compagni erano virtualmente quint'ultimi in classifica a quota 7: con la lancinante prospettiva di finire in pasto ad atroci dubbi, forti tensioni, dure polemiche e autocastranti crisi d'identità nel corso del trittico di insidiose trasferte che li attende nel giro di dieci giorni: Metalist in Europa League, Inter e Cesena in campionato. Al 38' della ripresa, avanti di un gol per miracolistiche imprese di Ziegler e Cassano e assordantemente sospinti da un tifo indemoniato, a Palombo Fantantonio e compagni non restava che far passare a vuoto i restanti 11' (7+4) per ritrovarsi sulla soglia del paradiso (7° posto a quota 10): com'è felicemente successo.
Si badi. Il primo tempo di Sampdoria-Fiorentina mi aveva fatto istintivamente pensare a un mimo di Brasile-Far Oer, tanta globalmente era apparsa la differenza tecnica tra le due squadre. Ma ecco la «spia»: perché si era chiuso «soltanto» sullo 0-1? La Fiorentina di Mihajlovic giocava «di prima», devastante sulle fasce laterali dalle quali Vargas e Marchionni facevano spiovere al centro palloni invitanti a ripetizione disponendo di Ziegler e Zauri con irrisoria facilità, mentre la Sampdoria di Di Carlo era lunga come purtroppo da tempo le accade, e balbettava; ma perduto per infortunio l'apporto di Vargas, la Fiorentina faceva aria fritta: continuava a far girar palla in scioltezza però il portiere che doveva compiere estemporanee prodezze era Frey, contro la testa di Pazzini e il piede di Cassano. Un campanello d'allarme che avevo già udito suonare a casa Mihajlovic nel match col Genoa, dal quale la Viola in vantaggio di un uomo e di un gol si era fatta neghittosamente raggiungere e schiacciare per l'intera ripresa. Il che, insieme con tutte le scalogne che stanno perseguitandolo, concorre a spiegare il fanalino di fondo paradossalmente appioppato a un organico da alta classifica come quello della Fiorentina.
Ora Di Carlo non può più avere dubbi di sorta. Se è vero - ed è vero - che questa è la squadra dell'anno scorso con Del Neri, con l'aggravio stressante della Coppa europea ma con il vantaggio di complementari forze fresche del valore di Volta Koman Marilungo Dessena e Objang, vada come vada deve giocare come l'anno scorso con Del Neri, quando dopo la «settima» stava precisamente all'attuale posto e con gli attuali punti della Lazio: corta a «4-4-2», col baricentro coraggiosamente avanzato, aggressiva dappertutto e principalmente sulle fasce laterali. A cominciare da giovedì a Kharkiv, nella tana del Metalist.
E Gasperini? Perché la settimana scorsa, in regime di calma piatta, ha lanciato a sorpresa un allarme «disturbi» che è apparso universalmente inspiegabile? Personalmente dicevo e scrivevo, quando Preziosi faceva incetta sul mercato di taluni campioni autentici e di talatri presunti tali: genoani andateci piano con i pindarici voli estivi, perché da più in alto eventualmente si cade maggiormente ci si fa male. Tant'è che ribadisco: se questo Grifone così com'è, come sta giocando e con i punti che ha (5 in meno del campionato scorso, quando era quinto in classifica pur avendo l'aggravio dell'Europa League) fosse stato caricato di minori aspettative a breve e medio termine, godrebbe al momento di ben maggiore tolleranza generica e farebbe molto meno notizia negativa di quanta ne fa. In fondo, stando a quanto si è visto, questo Grifone che Gasperini ha dovuto riamalgamare per non meno di cinque o sei undicesimi, cosiccome avrebbe potuto «soltanto» pareggiare a Udine e/o con il Bari non avrebbe fatto gridare allo scandalo se avesse vinto a Parma e/o contro la Fiorentina e non avesse perso a San Siro rossonero e all'Olimpico giallorosso. Sicché potrebbe tranquillamente avere almeno un paio di punti in più e stare alla pari con i «cugini», con la prospettiva - dopo aver ospitato il Grosseto in coppa Italia mentre i «cugini» dovranno sobbarcarsi il viaggio e una dura battaglia in Ucraina - di avere immediatamente a disposizione due turni casalinghi (Catania e Inter) a petto dei due viaggi estremamente insidiosi (Inter e Cesena) che attendono i «cugini». E se insisto sul paragone è perché sono un genovese verace, vedo calcio a Marassi (e fortunatamente dintorni) da sessant'anni e dunque al di là di ogni ipocrisia conosco perfettamente l'aria che tira e so bene dove qui si vada inevitabilmente a parare.

Per intanto, per uno Sculli «che voleva l'Inter e non è ancora rientrato nel Genoa» e comunque all'Olimpico mi è parso sulla via del recupero, nella speranza di vedere presto in battaglia il sanguigno Zuculini ecco un rutilante Rudolf cui Gasperini farà bene a dare spesso di mano, indipendentemente dalla disponibilità o meno di Palacio e Palladino. Onore ai «vecchi», lo dice un vecchio. Ma perbacco, viva la gioventù.

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