Operai, "solidarietà" no global Guerriglia all’Innse: dieci feriti

Ditta occupata e autogestita per protestare contro i licenziamenti. Lanci di oggetti contro poliziotti. E tra i ribelli spunta Agnoletto

Scontri «veri» tra forze dell’ordine contrapposti a operai, ma soprattutto giovani dei centri sociali, davanti all’Innse di via Rubattino e scontri «a parole» tra Provincia, da una parte, e Comune e Regione dall’altra. In mezzo un’azienda specializzata nella realizzazione di macchinari industriali che il proprietario vuole liquidare licenziando 49 operai. I lavoratori hanno risposto occupando gli impianti e continuando la produzione in «auto-gestione». Fino al «redde rationem» di ieri mattina all’alba concluso con una decina di feriti: mezza dozzina di carabinieri, un funzionario di polizia e alcuni manifestanti. La vicenda dell’Innse inizia negli ’70 quando la famiglia Innocenti, quella dei tubi, della Mini e della Lambretta, venda l’azienda all’Iri.

Dopo alcuni passaggi di mano, finisce in amministrazione controllata a causa del fallimento del penultimo proprietario, la Manzoni, che, accusano i dipendenti, avrebbe scaricato tutti i debiti del gruppo sulla Innse.[/TESTO-INFRA] Nel 2006 Silvano Genta, commerciante di rottami di Torino, la rileva con 700mila euro, grazie agli incentivi della legge Prodi. Ma dopo due anni partono le lettere di mobilità a cui i dipendenti rispondono con l’occupazione. Ieri all’alba il proprietario si presenta con camion e facchini «per portarsi via i preziosi macchinari», sostengono gli operai che preparano la resistenza. Spalleggiati da un folto numero di appartenenti ai centri sociali milanesi, da comunisti di vari partiti Luciano Muhlbauer, consigliere regionale, Vittorio Agnoletto, parlamentare europeo, gli assessori provinciali Sandro Barzaghi e Bruno Casati.

Alle 5 una ruspa spiana la barricata in via Caduti di Marcinelle, c’è un primo contatto con le forze dell’ordine, i manifestanti vengono respinti e gli incaricati della proprietà riescono a entrare. Alle 7 c’è un secondo tentativo di sfondamento, partono pietre, bottiglie e chiavi inglesi, si riaccendono i tafferugli, volano le manganellate. Poi si raggiunge un accordo: due delegati sindacali entreranno nella fabbrica per verificare cosa stia portando via Genta: si tratta solo di semilavorati, può passare. Nelle ore successive è stato tutto un susseguirsi di dichiarazioni e polemiche. La Fiom-Cgil che stigmatizza l’intervento della polizia «contro le lavoratrici e i lavoratori in difesa del proprio posto di lavoro». Agnoletto se la prende con prefetto e questore a cui chiede se «è questa la ricetta con cui intendono combattere la disoccupazione nel capoluogo lombardo». Muhlbauer se la prende con la Regione: «I frutti amari della chiusura frettolosa del tavolo di confronto voluta dall’assessore Gianni Rossoni, non hanno tardato a manifestarsi».

Barzaghi e Casati con il Comune che «deve assumersi le sue responsabilità perché non c’è soltanto l’Expo».

Accuse a cui ha replicato lo stesso Rossoni che dopo aver ricordato l’impegno suo e del collega di giunta Romano La Russa nella vicenda Innse, aggiunge che «se usassi lo stesso metodo di Casati, sarei tentato di mettere seriamente in dubbio il ruolo che la Provincia sta svolgendo - da ben più tempo - in tutta questa vicenda, a cominciare dal rapporto con l’imprenditore Genta».

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