da Genova
Quandera bambino, il papà, «camallo», era morto in un incidente sulle banchine del porto di Genova. Ieri, anche lui, Fabrizio Cannonero, 40 anni, ha perso la vita precipitando sulle stesse banchine da una nave su cui lavorava. È lennesima tragedia sul lavoro che colpisce lo scalo della Lanterna, in questi giorni investito dalla bufera giudiziaria seguita allarresto dellex presidente dellAuthority Giovanni Novi, cui si è aggiunto il malfunzionamento del sistema elettronico di smistamento dei contenitori che ha paralizzato per settimane loperatività dello scalo. La scorsa notte, il dramma di Fabrizio, che lascia un bimbo di tre anni e una compagna. «Che - dice Mauro, un collega di Fabrizio - «quando ci ha visto arrivare in sei, nel cuore della notte, ha capito tutto subito. Non si può descrivere il dolore. E pensare che se fosse caduto un palmo indietro sarebbe finito in mare e magari si sarebbe risolto tutto con un bagno. Perché il nostro lavoro è anche questo».
Ancora incerta lesatta dinamica dellincidente: secondo le prime testimonianze, Cannonero, dipendente da diciotto anni della Compagnia unica merci varie, stava lavorando allo scarico di contenitori dalla nave «Mol Renaissance» battente bandiera liberiana e appartenente alla compagnia giapponese Mitsui Osk Line, attraccata a Calata Sanità. Sembra che Cannonero stesse manovrando una rizza di acciaio, che pesa quasi una ventina di chili. Forse è inciampato o forse può aver perso lequilibrio sbilanciato dalla rizza. Fabrizio è caduto da unaltezza di venti metri ed è morto sul colpo, nonostante limmediato intervento di soccorso dei colleghi.
Dolore e rabbia si sono diffusi in porto e in tutta la città: i sindacati hanno proclamato uno sciopero di 48 ore che poi è stato allargato a tutti gli scali italiani. Nel frattempo, ai varchi portuali venivano bloccati i tir in ingresso e i lavoratori che, ancora ignari della tragedia, volevano entrare.
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