Diego Coletti
Vescovo di Como
Caro signor Feltri,
dopo quanto è stato pubblicato dal giornale da Lei, da poco, diretto, vorrei farle due domande.
La prima è questa: Lei sa che accettare il rito abbreviato e il conseguente patteggiamento di pena non costituisce, da parte dell’accusato, ammissione di colpa ma corrisponde solo alla scelta, spesso consigliata dagli avvocati, di evitare le scandalose lungaggini dei processi italiani, quando si dovesse temere di non avere argomenti sufficienti per dimostrare la propria innocenza? Se le cose stanno così, quale diritto può rivendicare il giornalista che, in possesso di una sentenza di questo tipo, ne tira le conseguenze definitive sulla colpevolezza della parte in causa?
Domanda numero due: vuole spiegare come mai una notizia che, a suo dire, già girava da tempo, documentata e ben nota, su tanti tavoli di redazione è stata pubblicata solo dopo una chiara presa di posizione di Avvenire nei confronti di un malcostume, sia morale che mediatico, che implicava la figura di un determinato personaggio politico (che, del resto, ha avuto la saggezza di prendere le distanze da questo zelo del direttore del “suo” giornale) con il risultato di favorire ancora una volta il degrado della politica e della vita pubblica del nostro Paese? A questa seconda domanda che, come ha detto qualcuno, allude a una sorta di intervento di censura contro chi si è promesso di “censurare” i potenti, faccio seguire due amare constatazioni. Tutti sappiamo che il compito delle redazioni giornalistiche è quello di scegliere, tra mille notizie che arrivano ogni giorno dalle agenzie, quelle che vale la pena di pubblicare e con quale rilievo. Quali sono i criteri in base ai quali si opera questa scelta? Il fondato sospetto, confermato dalla testimonianza di tanti onesti e sconsolati giornalisti, è che tra i tanti criteri abbiano troppo spesso la prevalenza soprattutto due: far piacere all’editore di riferimento (leggi: al padrone) e vendere più copie del giornale. Due criteri non censurabili in se stessi, ma pericolosi e immorali quando sono gli unici a guidare la mano del direttore e dei suoi collaboratori. E poi: anche Gesù si trovò di fronte a moralisti improvvisati che accusavano un’adultera; e quando disse che poteva cominciare il massacro solo chi era senza peccato, se ne andarono tutti cominciando dai più vecchi. Continua ad essere pericoloso erigersi a giudici dei peccati altrui.
Non me ne voglia.
Mons. Diego Coletti
Vescovo di Como
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