Milano - Soltanto due parole, orribili. «Carcinoma polmonare». La storia inizia così, come accade spesso allo Ieo, l’Istituto europeo di Oncologia fondato e diretto da Umberto Veronesi. Un centro di eccellenza, famoso in Italia e in Europa. Un ente di ricerca avanzata sulle malattie tumorali a cui centinaia di persone si rivolgono ogni anno per essere curate. Questa storia, però, finisce in maniera diversa dal solito. Perché finisce in mano a un magistrato, perché un medico ora è sotto inchiesta per il reato di lesioni aggravate, e perché due pazienti hanno denunciato di essere stati sottoposti a operazioni chirurgiche di resezione polmonare che - secondo un parere medico-legale allegato a una delle querele - era «assolutamente controindicato», o erano basate - si legge nel secondo esposto - su «un’errata diagnosi» sconfessata da due Tac post-operatorie. Interventi «urgenti» - raccontano le presunte vittime - ed eseguiti in regime di solvenza per accorciare le liste d’attesa. Al costo di oltre 40mila euro.
Il fascicolo aperto dalla Procura di Milano è in mano al pm Maurizio Ascione, che ha iscritto nel registro degli indagati un primario della Chirurgia toracica dello Ieo. Un curriculum di assoluto rispetto, il suo, con decine e decine di pubblicazioni su riviste di settore. Anche per questo, la Procura si muove con grande cautela. Ma la pista investigativa e chiara. Perché non si tratterebbe solo di due casi di over-treatement (cioè terapie non strettamente necessarie), ma di interventi inutili, dannosi (e costosi) per i pazienti. Una storia già vista altre volte a Milano, quella delle operazioni e dei ricoveri superflui per alzare i costi o i rimborsi del sistema sanitario nazionale. In questo caso, però, si tratta di due sole denunce da verificare. E il fatto che al medico non sia contestato il reato di truffa (come avvenne nel caso della clinica Santa Rita) spiega la prudenza dei pm, che non si sono spinti a ipotizzare l’uso del bisturi per gonfiare il bilancio dell’Istituto o il portafoglio del professionista. Tuttavia, la Procura ha intenzione di approfondire la vicenda.
Perché, dalle denunce, emergerebbero alcune anomalie nella gestione dei pazienti tenuta dal professore. Il primo caso è di un 70enne, giunto allo Ieo con una Tac fatta in un altro ospedale. La lettura dell’esame da parte del medico è una mazzata: «Lei è pieno di metastasi». E a quel punto, avrebbe prospettato la necessità di un ricovero immediato e di un’operazione. Nel settembre scorso, l’anziano - che racconta di aver «scongiurato di non essere operato ma sottoposto solo a una biopsia» - entra in sala per l’intervento al polmone. Eppure, due esami (una Pet e una Tac) avrebbero accertato l’assenza di metastasi. Il secondo caso, invece, è quello di una 60enne a cui viene riscontrato un «microcitoma al polmone sinistro». Anche in questo caso, il primario consiglia l’operazione. Nella denuncia, però, si leggono i pareri di due specialisti in medicina legale. Nel primo, redatto dal direttore dell’Unità di oncologia del Policlinico di Milano, la terapia più idonea «prevedeva l’intervento chemio e radio terapico in luogo della resezione chirurgica» che invece «avrebbe potuto essere evitata».
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