Opere d’arte per tutti i giorni

Nella quarta edizione a cura di Alberto Alessi, un lungo viaggio nella memoria collettiva. Dalla Fiat Palio alla celebre "Lettera 22". E 56 "capitani coraggiosi" che hanno fatto storia

Opere d’arte per tutti i giorni

Il design è, parafrasando Paolo Conte, il «tinello mar­ron » dei milanesi: pochi di lo­ro negli ultimi cinquant'anni non hanno amato, conversa­to, cucinato, dormito davan­ti, sopra o dentro a un evocati­vo oggetto di design. Prevedi­bile, dunque, il sentimento di mezza nostalgia e mezza gaiezza con cui molti visite­ranno la quarta edizione del Triennale Design Museum «Le fabbriche dei sogni. Uo­mini, idee, imprese, parados­si delle fabbriche del design italiano», da oggi fino al 26 aprile 2012, a cura di Alberto Alessi, presidente della cele­bre multinazionale del desi­gn, e allestita dall'industrial designer spagnolo Martí Guixé. Dopo la prima edizio­ne visionaria e cinematografi­ca e la seconda rarefatta, scientifica e minimalista (en­trambe di Andrea Barzi), e do­po la terza «esplosiva» curata da Alessandro Mendini ed elogiata dal New York Times , questa Triennale Design fa un passo indietro per farne due avanti: «È canonica e ina­­spettata - ci spiega il direttore Silvana Annichiarico - e leg­ge in chiave favolistica e mol­to imprenditoriale i prodotti di design». Non a caso, la mostra apre a pochi giorni dal cinquante­simo Salone del Mobile, che è anche main partner. «Indu­stria e creatività - ha detto ieri all'inaugurazione il sindaco Moratti - sono inseparabili l'una dall'altra ed entrambe da Milano». Se la tesi da consolidare era questa, la mostra è perfetta. Si inizia all'ingresso con un volto arcimboldesco alto 8 metri, composto da mobili di design di ogni tipo. Poi, dopo i pannelli con le meditazioni di Alessi sull'imprenditore co­me «buon giardiniere» (scrit­te nel font Alb che Guixé ha ricavato dalla grafia del mae­stro e collocati sulle pareti so­pra i plasticosi Pratoni del Gruppo Strum per Gufram), l'esposizione si snoda lungo il crinale che divide i prodotti che hanno fatto «flop» da quelli che sono diventati best­seller, in mezzo alle sagome dei 56 «capitani coraggiosi» che hanno fatto la storia del design industriale. Al di là del­la riuscita commerciale degli oggetti («Ma non è recente notizia che il Pil non è suffi­ciente a misurare la felicità di un popolo? - ci dice Alberto Alessi - Figuriamoci la creati­vità! ») si tratta di un viaggio nella memoria collettiva: c'è la Fiat Palio, l'Olivetti Lettera 22, l'attaccapanni Muku di Naoto Fukasawa per Driade, la vasca da bagno Iceland di Piero Lissoni per Boffi, il me­raviglioso Vaso delle donne sui fiori e delle architetture di Gio Ponti per Richard Ginori, la lampada terra-soffitto Pa­rentesi di Achille Castiglioni e Pio Manzù per Flos, il miti­co Bookworm di Ron Arad per Kartell, la poltrona Senza Fine di Gaetano Pesce per Meritalia, da mettere in salot­to accanto, in una sorta di de­lirio postmoderno, al Sacco di Gatti, Paolini e Teodoro per Zanotta e ad Aster Pappo­sus, divano-stella marina di Fernando e Humberto Cam­pana per Edra (i «tentacoli» sono di morbidissimo vellu­to: ideale per sere di oblio, do­po aver stappato una botti­glia ovviamente con Anna G., famoso cavatappi-signorina disegnato da Mendini per Alessi nel 1994). Il tutto è ac­compagnato, nell'ambito del progetto TDM Kids, anche da didascalie «ad altezza bambi­no ». I prodotti non collocati su piedistalli sono poi tutti usabili (per chi vuole, «dormi­bili »). Tra i pezzi più scenografici c'è poi la Sedia per la «Sala a chiocciola» dell'ebanista Car­lo Bugatti ( datata 1902, il pez­zo più antico della mostra) e 1 -4 -43 Kauri, un unico pez­zo di legno di 12 metri, vec­chio di 30.240 anni fa, rima­sto sepolto nei fanghi della Nuova Zelanda fino a quan­do due anni fa Mario Botta per Riva 1920 non ne ha rica­vato un tavolo a dir poco sug­gestivo («È stato un gran pro­blema portarlo dentro: c'è vo­luta una gru» ci ha spiegato Martí Guixé). Tra gli oggetti di design che invece hanno fatto flop commerciale si se­gnala in bella evidenza il bolli­tore Hot Bertaa di Philippe Starck per Alessi.

E qui si co­glie molta dell'ironia che il cu­ratore ha nascosto nella mo­stra: ma d'altra parte, come dice lui stesso, «i buoni pro­dotti arrivano quando voglio­no loro ed è difficile fare ope­re d'arte su ordinazione».

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