Ora Action contesta persino la Cassazione

Alessia Marani

«Autodenunciamoci tutti», così ieri mattina Action ha voluto ribadire la propria solidarietà ai 105 no global romani indagati per i due blitz di spesa proletaria del 6 novembre 2004 all’ipermercato Panorama di Pietralata e alla libreria Feltrinelli di largo Argentina. Che la Cassazione, mercoledì, abbia voluto convalidare la misura degli arresti domiciliari già chiesta dal Tribunale di Roma per l’ex consigliere capitolino e leader dei disobbedienti all’ombra del Cupolone, Nunzio D’Erme ed altri quattro compagni, agli attivisti delle okkupazioni selvagge e del «non pago» in nome del precariato, non va proprio giù. Primo perché, a dirla con le parole di Guido Lutrario che, ieri, in qualità di «padrone di casa» ha accolto i giornalisti nell’edificio okkupato di via Cesare de Lollis «si tratta di provvedimenti sproporzionati rispetto alle azioni compiute». Secondo, perché «sono passati un anno e otto mesi dai fatti - dice -. E c’è da chiedersi quali possano essere i motivi di pericolosità a così tanto tempo di distanza». Non solo. «Quello che è accaduto - ha aggiunto - va inserito nell’ambito della giornata di lotta contro la precarietà indetta quel giorno in tutta Italia. Non c’è stata nessuna rapina aggravata. Abbiamo cercato di aprire una contrattazione sociale con il proprietario del supermercato proprio sui temi della precarietà. E poi come si fa a parlare di rapina aggravata quando l’iniziativa di quel giorno l’abbiamo propagandata. Nell’Italia del malaffare che stiamo vedendo in questi giorni è assurdo che vengano criminalizzati proprio i movimenti sociali».
La Corte Suprema ha respinto anche il ricorso per dodici obblighi di firma avanzata dai pm Vitello e Palaia. La proposta di autodenuncia è stata lanciata dal parlamentare Prc Massimiliano Smeriglio ed è stata subito raccolta dal presidente del municipio X, Sandro Medici, quello delle «requisizioni» per intenderci. «Dobbiamo aprire questo nuovo fronte a partire da chi vi sta parlando - ha detto l’ex presidente dell’XI municipio ora al governo -. Qui in ballo c’è la libertà di compagni che hanno fatto qualcosa di importante per questa città». Smerigli va giù duro contro i giudici che «vogliono fare carriera sulle lotte sociali». «Rifondazione Comunista - incalza - farà la sua parte». Non c’erano dubbi.
Ai domiciliari i magistrati romani D’Erme l’avrebbero spedito fin dal marzo del 2005 quando il giudice per le indagini preliminari accolse la richiesta dei pubblici ministeri. Rapina aggravata e lesioni per gli scontri nati dopo le incursioni del 6 novembre, queste le accuse. Ma D’Erme & Co. s’erano salvati in corner opponendo ricorso al Tribunale del Riesame che sospese la misura in attesa del giudizio della Cassazione. Che, puntualmente, è arrivato. Giudici diversi, stessa sentenza. Gli indagati rischiano dai quattro ai venti anni. Il processo si terrà il 10 ottobre prossimo nell’aula bunker di Rebibbia.
A via de Lollis, ieri, c’era anche il consigliere regionale dei Verdi, Peppe Mariani, il quale rilancia il «tana libera tutti» per i no global fautori del «Laboratorio Roma», la Seattle all’ombra del Colosseo mai rinnegata dal sindaco Walter Veltroni. «Non va infatti dimenticato - afferma - che a Roma, come in altre città italiane, si è aperta da tempo una grande discussione sulla critica condizione di vita di migliaia di lavoratori precari che, purtroppo, non hanno i mezzi necessari per vivere dignitosamente. «È per questo che ritegno profondamente ingiusto e fuorviante criminalizzare le proteste di chi mette in vetrina i problemi della moderna società, anche con azioni eclatanti.

I conflitti sociali non possono essere risolti dalla magistratura. Per questo è giusto aprire una vasta discussione per giungere definitivamente alla depenalizzare e all’amnistia dei reati legati a iniziative sociali». La legge è uguale per tutti. Forse.

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