Ora il Banco Popolare bussa al mercato per dimenticare Italease

Il Banco Popolare sonda gli investitori istituzionali con l’obiettivo di raccogliere cinque miliardi sul mercato obbligazionario nei prossimi anni. L’appuntamento è per la prossima settimana, quando i vertici del Banco voleranno in Europa per presentare i dettagli della prima tranche del prestito: si parla di un importo prossimo al miliardo. Il bond avrà come paracadute una garanzia sugli stessi mutui emessi dal gruppo: una soluzione non nuova nel mondo bancario (è già stata adottata da Bipiemme, Ubi Banca, Carige e Unicredit) che dovrebbe aiutare a contenerne i costi dell’emissione.
L’istituto cooperativo presieduto da Carlo Fratta Pasini, che è anche stato il primo a puntellare il patrimonio con 1,45 miliardi di Tremonti bond, vuole infatti «fare provvista» a medio-lungo termine, così da dare ossigeno ai conti: quest’anno deve affrontare 15 miliardi di prestiti in scadenza. Un impegno notevole che si interseca con il capitolo governance: a fine aprile l’assemblea dei soci sarà chiamata a rinnovare metà consiglio di sorveglianza per un totale di dieci posti. In scadenza anche Fratta Pasini che siede ai vertici della Popolare da 11 anni e ha accompagnato il gruppo in un’esplosione territoriale che, mantenendo il baricentro a Verona, ha portato all’acquisto prima dell’ex Popolare di Novara e poi della Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani: oggi il Banco conta 2mila sportelli e contende lo scranno di terza banca del Paese ai concorrenti di Ubi. Secondo il consensus del mercato, Verona ha chiuso il 2009 con profitti prossimi ai 200 milioni. Ma anche sull’ultimo esercizio ha pesato Italease, l’ex controllata del leasing rimasta travolta dalle sue stesse alchimie finanziarie che hanno poi portato all’addio di Fabio Innocenzi.
Il nuovo corso del Banco, affidato all’amministratore delegato Pier Francesco Saviotti, ha cercato di porvi rimedio ma per incollare i cocci di Italease restano ancora da gestire alcuni crediti difficili (in gergo «non performing») e le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. Da qui l’atteggiamento di prudenza con cui il mercato continua a osservare il Banco e la sensazione diffusa tra le Sim milanesi che «difficilmente i risultati dell’ultimo trimestre 2009 saranno distanti da quelli dei tre mesi precedenti». Ieri in Borsa il titolo ha chiuso debole (-0,68% a 5,08 euro) come gran parte del comparto, ma da inizio anno la perdita è del 3,5% e supera il 68% dal gennaio 2008.
Dal punto di vista tecnico, puntualizza Verona, il bond consentirà di trasformare alcuni titoli Abs emessi nell’ambito di auto-cartolarizzazioni. Come detto i titoli saranno emessi dal Banco e offriranno in garanzia un pacchetto di mutui concessi dalle agenzie del Banco sul territorio: il portafoglio ceduto a paracadute della prima emissione ha un debito residuo di 1,4 miliardi.
Questa impostazione, spiegano gli analisti, permette a Verona di ovviare al proprio merito di credito (a dicembre S&P ha messo sotto osservazione il giudizio a lungo termine) contenendo i costi della raccolta: il Banco punta a spuntare un rating «AAA» per le obbligazioni e il collocamento è affidato a Ubs e Rbs.
«L’importo complessivo è molto elevato, paragonabile a quello di un’emissione di titoli di Stato», nota Angelo Drusiani esperto di Albertini Syz e decano del reddito fisso in Italia.

Quanto al rendimento, Drusiani si attende «un differenziale di almeno 1-1,2 punti rispetto al Btp decennale che attualmente rende il 3,9% lordo», ma la promessa di guadagno potrebbe arrivare anche al 5,5%. Valori che renderebbero i bond del Banco adatti per gli istituzionali più «cassettisti», quelli disposti a rinunciare alla rapida liquidabilità del titolo prima della scadenza.

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