La crisi irlandese e i venti di guerra tra le due Coree vanno a incastonarsi su uno scenario già problematico per gli Stati Uniti. Wall Street è finita ieri in debito d’ossigeno (-1,4% a un’ora dalla chiusura) per due fatti di cronaca, ma continua a scontare anche i troppi interrogativi che orbitano attorno alla ripresa Usa. Non è certo bastato a dissolverli la revisione al rialzo del Pil nel terzo trimestre al 2,5% dal 2% inizialmente stimato. Una volta, l’appuntamento con la madre di tutte le statistiche suscitava un’attesa paragonabile alla finale del Super Bowl: ora, il «come eravamo» sembra non interessare più. Anche se la vecchia fotografia svela particolari interessanti, come un rialzo del 2,8% dei consumi privati, il livello più alto da fine 2006, la crescita superiore al 28% dei profitti della Corporate America. Sono due segnali di vitalità, per quanto ancora insufficienti a incidere sul tasso di disoccupazione, attestato al 9,8%,e a ridurre l’esercito dei circa 15 milioni di americani a spasso. Per far ripartire sul serio il mercato del lavoro, dicono gli economisti, gli Usa avrebbero bisogno di un’espansione attorno al 5% annuo. Un passo di crescita rispetto al quale il Paese è distante anni luce, almeno a giudicare dalle previsioni della Federal Reserve. Che nelle minute dell’ultima riunione, quella in cui è stata varata la manovra di quantitative easing , ha inforcato gli occhiali del pessimismo livellando verso il basso sia la crescita 2010 (al 2,5% dal 3,3% precedente), sia quella 2011 (al 3-3,6% dal 3 ,5 -4 ,2 %). La disoccupazione continuerà a restare una spina nel fianco: nel 2011 salirà dall’ 8,3-8,7% all’8,9-9,1%. Con un mondo sempre più proiettato in avanti, il passato conta molto meno non solo del presente, ma soprattutto del futuro. Così, per testare gli umori dei consumatori, già si ragiona su come andrà il Black Friday, ovvero la giornata dei super-sconti che venerdì darà in via alla stagione dello shopping natalizio. E poi, a proposito di Fed, si analizzano i riflessi sul mercato dei titoli di Stato dopo l’annuncio con cui la banca centrale Usa ha deciso di comprare Buoni del Tesoro per 600 miliardi con l’obiettivo di far scendere i tassi di interesse. Numeri alla mano, Ben Bernanke non sembra finora aver centrato il bersaglio: all’inizio di ottobre, fa notare il Wall Street Journal , i titoli decennali erano scambiati con un rendimento del 2,38%, mentre la scorsa settimana il tasso ha raggiunto il 2,91%, stabilizzandosi venerdì al 2,87%. Il motivo? Il piano non sarebbe abbastanza «credibile». Andrebbe allargato, spiegano gli analisti, se davvero si vuole rilanciare la crescita.
Problema: questo piano è già stato criticato da Europa e Cina, che lo considerano uno strumento per svalutare il dollaro, e non piace neppure ai repubblicani, che fanno continuamente sentire il fiato sul collo di Barack Obama, oggettivamente indebolito dopo la disfatta delle elezioni di mid-term.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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