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Ora Bin Laden ha una base anche in Eritrea

Un video diffuso da Al Qaida rivela l’attività dei guerriglieri islamici nei campi d’addestramento nascosti nell’ex colonia italiana

Fausto Biloslavo

I tentacoli di Al Qaida si espandono nel Corno d’Africa, non solo nella caotica Somalia ma pure nella più defilata Eritrea, ennesima dimostrazione che la «guerra santa» non ha confini. Un filmato propagandistico di 38 minuti mostra l’attività degli estremisti islamici nei campi di addestramento nascosti nell’ex colonia italiana. Si vedono miliziani armati fino ai denti, predicatori della guerra santa che indottrinano giovani reclute e le strutture dei campi non molto diversi da quelli che Al Qaida aveva messo in piedi in Afghanistan ai tempi dei talebani. Alcuni spezzoni del preoccupante documento sono andati in onda ieri sera sul Tg1, nell’edizione delle 20. Il video si intitola «La Jihad eritrea ­ proseguiamo sulla via della vittoria» ed è un documentario sull’attività delle cellule estremiste islamiche annidate nella regione. Il filmato è stato realizzato dall’Islamic Media Center, spesso utilizzato per la diffusione dei video di Osama Bin Laden e degli altri capi di Al Qaida. Nel filmato il governo di Asmara viene bollato come «alleato dei crociati e di Israele» e i miliziani parlano in arabo di Islam e guerra santa, durante lezioni di indottrinamento a giovani aspiranti mujaheddin.
Dopo la sconfitta talebana in Afghanistan, nel 2001, si calcola che almeno 800 estremisti islamici abbiano cercato nuovi nascondigli nel Corno d’Africa. Molti sono sbarcati in Somalia, ma poco si sapeva della «guerra santa» in Eritrea. All’Asmara governa il presidente Issayas Afewerki con il suo partito unico, Fronte popolare per la democrazia e la giustizia.
L’opposizione armata islamica si è formata nel 1988 con l’unificazione di cinque piccoli gruppi. Nel 1994 il governo eritreo ruppe le relazioni diplomatiche con il Sudan e accusò l’allora leader di Khartoum, Hassan al Turabi, che aveva concesso rifugio a Osama Bin Laden, di finanziare i movimenti islamici armati anti-Asmara.
I gruppi jihadisti eritrei sono principalmente due: il Movimento di salvezza islamico e una fazione del Fronte di liberazione, che combattè la guerra d’indipendenza, guidata da Abdallah Idris. Il primo ha cambiato nome nel 1998 per utilizzarne un altro, che gli ha permesso di entrare in una variegata alleanza di oppositori del governo eritreo. In realtà la principale formazione musulmana è ancora conosciuta come «Jihad islamica eritrea», guidata da sheik Khalil Mohammed Amer, dal suo quartier generale a Khartoum. Amer, in una delle sue rare interviste, ha difeso la lotta armata in nome «del diritto di praticare la sharia (la dura legge del Corano, ndr)».
La «guerra santa» contro l’Asmara si è radicalizzata con l’arrivo dei veterani dall’Afghanistan e non a caso, nello stesso video messo in onda dal Tg1, molti miliziani parlano in arabo, una lingua poco conosciuta dagli eritrei. Ultimamente i governi dell’Asmara e di Khartoum si sono riavvicinati e i gruppi della «jihad eritrea» sono in difficoltà, anche se in realtà possono sempre contare su un discreto appoggio dell’Etiopia.
Dal 2002 gli Usa hanno inviato a Gibuti una task force composta da un migliaio di uomini fra marine, corpi speciali, paramilitari della Cia ed esperti di intelligence. Gli americani hanno lanciato diversi raid segreti in Somalia contro le basi di Al Qaida e il presidente George W. Bush ha stanziato cento milioni di dollari l’anno per l’antiterrorismo nel Corno d’Africa. Dal 2004 Kenya, Uganda, Tanzania, Gibuti, Etiopia ed Eritrea fanno parte dell’«Iniziativa antiterrorismo dell’Africa orientale» voluto dagli Usa. Le forze di sicurezza di questi Paesi vengono addestrate dagli americani, che forniscono anche sistemi di comunicazione all’avanguardia e mezzi per pattugliare le zone più a rischio.

Gli Usa coordinano e addestrano pure le unità navali per pattugliare le coste, come quella somala, dove sbarcano clandestinamente i terroristi.

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