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Ora lo dice anche l’America: «In Italia giudici politicizzati»

RomaLa signora Dibble, «la più alta diplomatica di carriera all’ambasciata Usa (oggi promossa a Washington come capo di tutta la sezione europea al Dipartimento di Stato)», un’autorità indiscussa per una firma indiscussa di Repubblica, il cino-indianologo Federico Rampini. Questo quando si trattava di pescare nel mare magno dei cablo Wikileaks qualche giudizio pessimo su Berlusconi (che invece, notava schifato Rampini, definisce Elisabeth Dibble una «funzionaria di terzo grado». Sorge l’interrogativo dunque su come prendere i nuovi dispacci della funzionaria americana di via Veneto, quelli emersi nei 251.287 file resi pubblici dal super sito di Julian Assange. La numero due dell’ambasciata Usa a Roma si premura, stavolta, di comunicare certe sue valutazioni sulla magistratura italiana, in un giorno non a caso, l’8 ottobre 2009, cioè poche ore dopo la bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte costituzionale. Dice la Dibble, autorità indiscussa circa il pensiero della Casa Bianca sull’Italia berlusconiana: la magistratura italiana «era un tradizionale rifugio per i membri del Partito comunista durante la Guerra Fredda». «Inoltre, la tempistica delle azioni giudiziarie - incluse alcune contro funzionari di centro-sinistra - spesso appare politica», annota la diplomatica. Tra questi casi la Dibble comprende la sentenza «di una corte civile contro la compagnia Fininvest di Berlusconi riguardo a una causa di lungo corso da 750 milioni di euro promossa da un rivale d’affari», l’editore dei giornali (Espresso, Repubblica) che più di tutti hanno usato le «rivelazioni» di Wikileaks sui rapporti Usa-Italia. «Difendersi dai numerosi processi - continua la Dibble - potrebbe diventare una distrazione significativa» dall’attività di governo per il premier. «Per evitare che il presidente del Consiglio venga condannato in alcuni casi gli avvocati di Berlusconi fanno una vera e propria corsa contro il tempo perché i reati cadano in prescrizione».
Non è la prima volta che la magistratura italiana viene messa a fuoco dall’ambasciata Usa e identificata come un attore politico a tutti gli effetti. Effetti giudicati piuttosto negativamente. Nel memoriale che Ronald Spogli scrive per il neo segretario di Stato Hillary Clinton, prima di lasciare l’incarico a Roma, la magistratura viene descritta come un’anomalia, una «casta inefficiente e autoreferenziale, priva di controllo e che impone il suo potere condizionando la vita politica». In un altro cablo, del 2008, sempre Spogli scrive che «nonostante anni di dibattiti sulla necessità di una riforma del sistema, non sono stati fatti progressi significativi. Gli italiani considerano il loro sistema “rotto” e hanno veramente poca fiducia sul fatto che garantisca giustizia». É il file in cui viene riportato un colloquio, sul tema toghe, con Massimo D’Alema, ex premier. In quell’occasione D’Alema avrebbe espresso giudizi simili a quelli del Cavaliere. «Sebbene la magistratura italiana sia tradizionalmente considerata orientata a sinistra - riporta Spogli -, l’ex premier ed ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha detto lo scorso anno che la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano». D’Alema ha smentito di avere un’opinione del genere sulla magistratura.

Gli Usa, a quanto pare, no.

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