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«Per ora fa più paura quella di stagione»

L’infettivologa Gloria Taliani: «Una pandemia legata al virus dei polli è molto improbabile»

Massimo Malpica

da Roma

Gloria Taliani è ordinario di Malattie infettive alla I Facoltà di medicina della Sapienza di Roma. È qui all’Istituto neurotraumatologico italiano di Grottaferrata per parlare di «prospettive e prevenzione» dell’influenza versione 2006. Ma l’argomento del giorno, ovviamente, è il temutissimo virus dei polli, l’«H5N1», sigla che, a maggior ragione dopo i casi nell’Europa dell’Est, evoca lo spettro di una nuova pandemia.
Un incubo o un rischio reale?
«Parlare di allarme - esordisce l’infettivologa - è eccessivo. Anche la notizia che siano stati identificati ceppi resistenti al Tamiflu in sé significa poco. Ci sono sempre ceppi resistenti ai medicinali, quello che conta è quanto questi peseranno in un’eventuale epidemia: se restano confinati in un laboratorio, per esempio, non saranno affatto un problema».
Allarmismo immotivato, dunque. Eppure anche i consumi di carne bianca sono in picchiata...
«Be’, le diffidenze sul consumo di pollame sono equiparabili a una superstizione: in tutto il mondo non c’è un solo caso documentato di trasmissione della malattia per via alimentare, nonostante non ci sia dubbio che in Asia siano state consumate grandi quantità di carni infette. Insomma, bisogna ripeterlo: basta cuocere la carne prima di mangiarla e lavarsi le mani dopo aver toccato carne cruda per non correre pericoli».
Oltre al contagio pollo-uomo, c’è timore per alcuni casi di contagio tra uomo e uomo: l’H5N1 sta forse mutando?
«No, e francamente i due soli casi documentati di trasmissione del virus da uomo a uomo non destano particolari preoccupazioni sul fronte della mutazione dell’influenza da aviaria a umana. In entrambi, infatti, la trasmissione della malattia non è avvenuta per via aerea, meccanismo tipico dell’influenza, ma in seguito a forme di contagio diverse, legate al contatto fisico tra soggetti sani e soggetti malati, esattamente come per chi ha contratto il virus per aver toccato carne infetta».
Ma nella comunità scientifica esiste il timore di una pandemia?
«L’ipotesi viene ovviamente presa in considerazione. Ma è decisamente remota, tanto più qui in Europa: ormai la H5N1 circola dal ’97, eppure non c’è stato il temuto «shift», lo spostamento antigenico che muta il virus da aviario a umano. Certo, se mai dovesse accadere sarebbe una situazione di gravità estrema: questa influenza è davvero cattivissima, con un tasso di letalità elevato, superiore al cinquanta per cento dei contagiati. E se scoppiasse la pandemia, prima di poter sviluppare un vaccino ci sarebbero senza dubbio molte vittime. Ma va ribadito chiaramente che mai, fino a oggi, un essere umano è stato infettato da un virus influenzale di tipo A e sottotipo H5».
Insomma, al momento è meglio preoccuparsi per l’influenza «tradizionale»?
«Direi di sì.

Suggerendo la vaccinazione solo per i soggetti davvero a rischio, quelli per i quali è comunemente raccomandato».

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