Ora Grillo dice «Vaffa» anche all’antipolitica

Mentre presenta i suoi candidati, il comico dà del vecchio pessimista all’autore di «Gomorra»: sul voto di scambio esagera

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, nel caso della sinistra italiana quello di litigare su tutto, finanche per contendersi lo scettro del qualunquismo. Già. Anche l’atteggiamento prettamente nostrano di generica sfiducia nelle istituzioni, in primis nei partiti e qualsivoglia soggetto politico, può diventare casus belli se a sventolarlo sono due galli finiti inconsapevolmente nello stesso pollaio: nella fattispecie il caporione genovese Beppe Grillo e il masaniello letterario Roberto Saviano. Accade infatti che il comico ex no-logo, divenuto per sua irriverente ammissione «il secondo politico italiano», si senta in dovere di bacchettare l’autore di «Gomorra» per aver invaso proprio quel territorio dell’antipolitica, del tutt’erba un fascio che ha così splendidamente lanciato nell’empireo il partito del «Vaffa». La polemica, sottile ma sdegnosa, si svolge sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno, organo di stampa che Grillo certamente acclude alla «poltiglia mediatica» gestita da una casta da abbattere, ma che evidentemente qualche volta torna utile alla causa, in questo caso delle liste grilline. «Io non sono d’accordo col pessimismo di Saviano che in tv ha detto che tutti i voti sono di scambio» dice il Beppe ai vituperati giornalisti, aggiungendo velenosa stoccata: «Certo che con la vita che fa Saviano è invecchiato precocemente». Sarà. Ma in fondo che aveva detto mai il Salman Rushdie campano che, fino a prova contraria o fino al prossimo best seller, vive l’indubbia scomodità di dover fuggire dalla fatwa dei casalesi? Ha solo affermato quel che già si sapeva sull’inveterato costume di «accattarsi» i voti soprattutto (ma non solo) sotto la linea gotica; quella prassi leggendaria che, come ricorda Saviano, faceva regalare dagli uomini di Achille Lauro pacchi di pasta e sacchi di patate alla plebe prima del voto e addirittura, si dice, scarpe spaiate da ricongiungere a elezioni avvenute.
Il voto di scambio, quell’atavica corrispondenza di amorosi sensi tra politica, imprenditoria, mafia e camorra, si è ovviamente evoluta, sottolinea lo scrittore-giornalista, perché alle conserve e ai «paccheri» si sono via via sostituiti posti di lavoro e denaro, ma anche e soprattutto appalti, concessioni e contributi che le cosche imprenditrici mercanteggiavano e mercanteggiano con i candidati in cambio di cospicui pacchetti di voti. Quegli stessi voti che, scrive sempre Saviano, da certe parti costano solo 50 euro, oppure un telefonino.
Siamo d’accordo, forse lo scrittore dagli occhi magnetici (divenuto, pare, l’oscuro oggetto del desiderio delle lettrici italiane) ha il vizio di esagerare un po’ nella verve romanzesca, come quando descriveva in «Gomorra» piogge di cadaveri cinesi caduti dai container nel porto di Napoli. Ed è pur vero che eccede un pochino quando afferma che «le elezioni si vincono sempre così» e che è «là, nelle periferie campane, in Calabria e nel Sud» il vero ago della bilancia della politica italiana. Ma Saviano sembra un fine equilibrista, un mago della diplomazia da far invidia a Talleyrand, rispetto ai proclami del capopopolo della Lanterna. Qualcuno forse ricorderà Grillo quando nel suo «discorso di Capodanno» denunciava la «fusione straordinaria, quasi nucleare tra mafia e politica», al punto che le parti sono ormai invertite: «Oggi è la mafia - inveì - ad essere corrotta al suo interno dai partiti...». Qualunquismo, populismo o folclore grillesco? Non è questo il punto. La vera domanda sarebbe: perché all’improvviso, per il comico, chi narra il malcostume italiano del voto di scambio diventa un pessimista e pure un vecchio rincoglionito? La differenza forse la fa ancora una volta la famosa «X» sulla scheda elettorale che stavolta, guai a chi sbaglia, deve finire sui candidati grillini, al nord e al sud, isole comprese.

E l’ottimismo a Beppe è tornato a Ischia, dove ha appena presentato un aspirante sindaco di 24 anni, «che parla di porti, rigassificatori e inceneritori e non sta lì per la poltrona». E forse non mangia neppure mozzarella.

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