Ora i due Stati palestinesi sgomentano Usa e Israele

Lo Stato ebraico si rende conto che col suo ritiro ha regalato Gaza ad Hamas Tra pochi giorni vertice Bush-Olmert

da Gerusalemme

Cinque anni esatti dopo aver lanciato ufficialmente l’idea di «due Stati per due popoli» la Casa Bianca assiste sgomenta alla nascita di due Stati per un solo popolo, quello palestinese. Da ieri esistono l’Hamastan di Gaza e la Fatahland della Cisgiordania, e Washington comincia a rendersene conto. Il presidente George W. Bush, secondo il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow, prova «profonda preoccupazione per la situazione di Gaza» e auspica una fine della violenza. «Hamas dimostra ancora una volta la sua versione della democrazia abbandonandosi ad atti di terrore contro la propria stessa gente», dichiara il portavoce spiegando che la Casa Bianca «osserva con estrema attenzione gli eventi».
Se per Bush e per il dipartimento di Stato, dispensatore di 60 milioni di dollari in aiuti a Fatah e alle sue forze di sicurezza, sono ore difficili, per Israele sono ore drammatiche. Lo Stato ebraico, 21 mesi dopo il ritiro dalla Striscia, si rende conto di aver regalato Gaza a Hamas e s’interroga sul da farsi. La possibilità di un intervento diretto viene decisamente scartata e definita pericolosa e azzardata. Benché tutti si guardino dal confermarlo ufficialmente, l’idea più gettonata, già avanzata dal ministro degli Esteri Tzipi Livni e poi dallo stesso Olmert, è quella del dispiegamento di una forza internazionale lungo la frontiera con l’Egitto. Con ogni probabilità l’argomento sarà al centro dell’incontro alla Casa Bianca tra Olmert e Bush la prossima settimana.
Anche le questioni pratiche non sono di poco conto. I palestinesi di Gaza utilizzano, a tutt’oggi, elettricità e acqua delle centrali israeliane. Il governo di Ehud Olmert deve ora decidere se continuare le forniture, se tagliare la luce ma mantenere aperte le condotte idriche, o se chiudere tutti i rubinetti e abbandonare Gaza e i suoi nuovi padroni al loro destino. L’unica cosa certa per ora sembra il mantenimento delle forniture idriche perché, ripetevano ieri le fonti governative, «Israele non può ridurre alla sete i palestinesi».
La situazione più paradossale sullo scenario internazionale è però quella dei Paesi arabi. Egitto e Arabia Saudita, dopo aver condotto le trattative tra Fatah e Hamas, assistono alla sconcertante vittoria a Gaza del loro più pericoloso nemico, di quell’Iran che rivendica l’egemonia politica sull’intero Medio Oriente. Sotto gli occhi dell’Arabia Saudita, da dove per due decenni sono arrivati i maggiori finanziamenti al movimento fondamentalista, e sotto quelli dei servizi segreti egiziani «tutori» di Fatah a Gaza, Hezbollah e servizi segreti iraniani hanno costruito l’egemonia di Hamas decretando la disfatta di Fatah, dell’Olp e di Mahmoud Abbas.

Eppure anche stavolta la Lega Araba si limita a dichiarazioni scontate: «Bisogna mettere fine ai combattimenti in nome della cooperazione e di tutti gli arabi, bisogna appoggiare la mediazione egiziana - ripete soave il segretario generale della Lega, Amr Moussa, mentre i miliziani di Hamas passano per le armi i prigionieri di Fatah -, un fallimento avrà conseguenze molto negative, questi scontri sono disastrosi per la causa palestinese». A Gaza qualcuno sembra essersene già accorto.

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