Ora i "finiani" vanno pazzi per Santoro

Farefuturo saccheggia il repertorio anti Cav della sinistra e si scopre fan del conduttore di "Annozero": "Non fa il sicario, meglio lui di Minzolini"

Ora i "finiani" vanno pazzi per Santoro

Roma - Una volta imboccata una strada,se c’è il sospetto che ren­da qualcosa, conviene buttarci­si a capofitto. Il giornale di fami­glia Fini, cioè Farefuturo, lo ha capito benissimo e sta bene at­tento a non lasciarsi sfuggire ogni minima occasione per ma­ramaldeggiare con qualche nuova scaramuccia, atteggian­dosi a destra illuminata ma pe­scando a piene mani nel reper­torio più consunto del pensiero antiCav, pur di superare la so­glia di visibilità.

Si capisce quin­d­i il motivo dell’ultima doglia ci­vile dei Fini-boys, la libertà di stampa, la par condicio, l’im­parzialità del servizio pubbli­co. Tradotto: un posto anche per loro nei talk show. La deriva polemica, certamente ben or­chestrata ( ma ci sono ottimi ma­nuali e grandi guru in circola­zione: Di Pietro, Grillo, i blog­ger...), li ha portati dai massimi sistemi ai minimi espedienti, ul­timo dei quali quello di indi­gnarsi per l’informazione trop­po filo- Cav in Rai. Un cavallo di battaglia piuttosto logoro, ma sempre utile. Si ritrovano così, i finiani, ad abbracciare persino Michele Santoro, principe del giornalismo non neutrale, ma comunque meglio, per loro, dei Minzolini e degli altri asser­viti al potere berlusconiano, da loro orgogliosamente rifiutato. «Un battitore libero, non un si­cario prezzolato». Qualcuno li avvisi però che per la parte di martiri del berlusconismo c’è la fila, e che il numerino lo han­no gi­à staccato almeno un centi­naio di mezzibusti cosiddetti ri­belli (dopo anni di felice lottiz­zazione) e anchormen pronti per una candidatura nel centro­sinistra.

Questo Futuro e libertà asso­miglia ad una sottomarca del­­l’Idv, ad uno scarto vendolia­no, a qualcosa di già visto. Con l’aggravante di aver seguito Ber­lusconi per sedici anni, come un’ombra, ricavandone cari­che e prebende. Come sanno bene, peraltro, i molti finiani in Rai, commensali fissi al tavolo della spartizione di Tg, reti e di­rezioni. Ma adesso invece che Berlusconi è passato da amico benefattore a nemico spregevo­le, la tv italiana è diventata lo specchio di un «regime soft», co­me spiega il direttore del sito web finiano, facendo l’eco a Di Pietro che da anni, lui sì vero pioniere del finismo, ha scoper­to che l’Italia è una «dittatura dolce». Per chi propaganda il futuro in ogni salsa, ridursi a fotocopia di cose già viste e sentite non è proprio il massimo.

La produ­z­ione filosofica dei think tank fi­niani doveva partire da Carl Schmitt e da Croce, ma si è are­nata su Pedica e Pancho Pardi. Come ripensamento del con­servatorismo italiano, lascia un po’ a desiderare.Nessuna paro­la, invece, da liberali della do­menica, sul mercimonio partiti­co della Rai. Sulla divisione alla Cencelli di conduzioni e dire­zioni (fu Gianfranco Fini peral­tro a bloccare la nuova nomina per Rai Uno, pretendendo uno della sua area in quella poltro­na), sugli appalti esterni usati come welfare familiare, in mol­ti casi. Nessun accenno alle coincidenze nei cognomi di cer­ti contratti in Rai. Come quello della moglie del capogruppo fi­niano Italo Bocchino, Gabriel­la Buontempo, produttrice con la sua Goodtime Enterprise Srl di fiction e programmi per 6 mi­lioni di euro (del servizio pub­blico). O come le altre fiction prodotte e vendute alla Rai dal­l’onorevole Luca Barbareschi, responsabile culturale di Futu­ro e libertà. O come i contratti per programmi flop, sempre a libro paga dell’abbonato Rai, per Giancarlo Tulliani e relati­va madre, novelli esperti di pro­duzione televisiva, più o meno da quando la sorella-figlia è compagna di Fini.

Su queste vicende non c’è«re­gime dolce», e lo spazio in Rai per i finiani, se non c’è, si trova. Altrimenti c’è sempre il meto­do Santoro, nuovo esempio di giornalismo indipendente. Cioè gridare al bavaglio non ap­pena manchi un Briguglio o un Granata dal pastone del Tg1.

Si­mulare shock da democrazia tradita quando gli ospiti del talk non rappresentino anche il centoventottesimo partito ita­liano in ordine di apparizione. Non è chiaro se su questa stra­da i finiani possano occupare un qualche spazio a destra. Per il momento hanno raggiunto un altro risultato: occupare uno spazio tra Di Pietro, Grillo e Travaglio.

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