nostro inviato ad Amburgo
Daltronde, quando vuole, canta e canta come si deve. Altrimenti balla e va bene lo stesso, lascia correre il bacino seguendo il ritmo o imponendolo ai musicisti, scatenando le anche voluttuose come una danzatrice di Gilgamesh, notturna, sensuale, ingenua. Sarà per questo che lei, Shakira, padre libanese e mamma colombiana, attuale damigella di Madonna nel regno del pop, neppure si accorge che qui alla Color Line Arena di Amburgo il pubblico è tedesco, tedesco davvero e per venti minuti neanche si muove o tantomeno festeggia il battesimo del tour europeo che il 27 febbraio passerà con armi e bagagli anche al DatchForum di Milano. Guardano, loro. Guardano e basta, in novemila con gli occhi fissi. Intanto questo diavoletto, che in volto pare una bambina del Velazquez, si prende tutto, luci e attenzione, fin da quando un trillo di sitar la annuncia dietro al sipario trasparente e lei piomba in scena cantando Estoy aqui, sono qui e nemmeno cè bisogno di troppi orpelli per accorgersene. La scenografia non esiste, giusto gli strumenti e uno schermone mansueto e talvolta occupato da immagini sbadate, e bastano subito Te dejo mas e la strafamosa Dont bother per capire che, per tutta lora e mezza scarsa del concerto, lo spettacolo sarà ridotto perché qui è solo Shakira, niente giochi di prestigio o anfetamine tecnologiche. Cè da pensarci, è una sorpresa: lei, la divetta coi capelli platinati che cantava Whenever wherever (dal cd che lha lanciata, Laundry service, 18 milioni di copie vendute) pian pianino ha scolorito i boccoli, ora ramati e selvatici, e i vezzi da divetta per diventare la popstar di nuova generazione, sbaciucchiata sì dai teenager ma pure dai maître-à-penser, dagli intellettuali, da quelli che meno male che sta cantante è intelligente altrimenti non lascolterei neppure. E se linsospettabile Gabriel Garcia Marquez ha scritto anni fa che «nessuno può cantare o ballare con una sensualità così innocente come quella di Shakira», ora tutti la cercano, compresa Beyoncè, che piuttosto di condividere i riflettori con una collega si morsicherebbe la lingua eppure ieri ha rivelato che «lho sempre amata e ho sempre sognato di lavorare insieme». Duetteranno, loro due, in Beautiful liar, che sarà una joint venture a senso unico, ossia traghetterà Beyoncè in Sudamerica ma non frutterà nulla o quasi a Shakira. Il suo nuovo singolo, Hips dont lie, laggiù è diventato il brano più suonato nella storia delle radio pop, roba da quasi diecimila passaggi alla settimana. E quando lo canta qui, alla fine del concerto, il pubblico si è finalmente scongelato ed eccolo alzare le braccia, applaudire, addirittura esultare in coro tanto che sarebbe pressoché inutile larrivo di sei ballerine, minute pure loro altrimenti la regina soffende, che si muovono scoordinate e avvolte da una tunica arancione. Passano e vanno. Il giorno dopo, presentando alla Max Schmeling Halle di Berlino la sua collaborazione con la Seat (che sponsorizza i concerti e, anche attraverso il sito www.catch-the-fever.com aiuta a raccogliere fondi per lassociazione della cantante pro bambini sudamericani), Shakira ha fatto il bilancio preventivo del suo Oral fixation European Tour spiegando che «mi verranno a vedere dal vivo in più di 750mila».
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