Ora Nitto Palma indaga sulla procura di Napoli

Assalto giudiziario a Silvio Berlusconi. Uno stillicidio di verbali a danno del premier. Il Guardasigilli chiede accertamenti sulla fuga di notizie che in questi giorni sta portando in tempo quasi reale le intercettazioni riguardanti il premier sui giornali. E a Bari bugie, veleni e "corvi" per infangare il pocuratore

Ora Nitto Palma indaga sulla procura di Napoli

Le inchieste su Berlusconi ripartono dalla loro fine. Così Napoli duplica l’indagine di Bari. Siamo al punto di prima: le prostitute, le ragazze di Gianpi Tarantini, i suoi sfoghi al telefono con Walter Lavitola. Manca solo il lettone di Putin, ma non è detto che non torni a gran richiesta. E allora anche il guardasigilli Francesco Nitto Palma chiede informazioni ai pm campani. Non un’ispezione, ma accertamenti: tecnicamente sulla fuga di notizie che in questi giorni sta portando in tempo quasi reale le intercettazioni riguardanti il premier sui giornali. È il solito colabrodo tutto italiano. In un raffinato gioco di sponda fra Bari e Napoli. Napoli ha ripreso i faldoni che a Bari erano finiti in un vicolo cieco.

Certo, l’immagine del premier è stata ammaccata dal caso D’Addario, ma alla fine il Cavaliere è passato indenne attraverso il fuoco acceso dai pm. Fine? No, perché intanto il solito Henry John Woodcock, alle prese con le trame oblique della P4, intercettava Walter Lavitola, imprenditore con interessi in Sudamerica e buoni rapporti con Berlusconi. E Lavitola ha riportato i magistrati dove i loro colleghi si erano bloccati.

Risultato: si torna a gran voce a Tarantini e alle escort e da Napoli filtrano dettagli inquietanti che gettano ombre sul comportamento del procuratore di Bari Antonio Laudati. Tarantini parla con Lavitola e gli dice che attraverso un avvocato avrebbe raccolto le preoccupazioni di Laudati per l’imminente uscita delle intercettazioni rimaste a lungo in freezer. Laudati, già nel mirino del pm Giuseppe Scelsi, proprio il titolare del fascicolo su Tarantini, rischia di cadere. E con lui potrebbe essere travolto quello stile austero che l’alto magistrato aveva imposto al momento del suo arrivo in città. Se la Procura non si è trasformata fin qui in un set con i riflettori sempre accesi lo si deve soprattutto a lui, al suo rigore, alla sua riservatezza. Laudati è uno dei pochi pm in Italia che abbia aperto e condotto sul serio un’inchiesta per scoprire gli autori delle immancabili fughe di notizie.

Ora gli equilibri rischiano di saltare e a Bari potrebbe prevalere una linea più dura. Curioso: Berlusconi non è indagato a Bari e risulta addirittura vittima di una estorsione a Napoli. Lui, naturalmente, nega il ricatto, ma questo non impedisce ai pm napoletani di andare avanti, mentre con la solita puntualità cominciano ad emergere brandelli di dialoghi sempre più imbarazzanti. Ma anche surreali rispetto al capo d’accusa. Come quelli in cui Berlusconi avrebbe detto a Lavitola, insomma a chi lo ricattava: «Resta all’estero».

Insomma, tutto serve come combustibile per mandare avanti indagini che assomigliano ai fiumi del Carso: scompaiono ma poi ritornano da qualche altra parte.
Napoli, come si sa, è diventata il crocevia di inchieste delicatissime, tutte sul filo di una competenza ballerina per non dire dubbia: nel capoluogo campano si indaga sulla P4 di Gigi Bisignani e del deputato Alfonso Papa, oggi in cella con l’ok della Camera, ancora si scava su Marco Milanese, di fatto su Giulio Tremonti. E la Procura ha messo il naso nelle guerre interne alle Fiamme Gialle. Il lavoro dei pm napoletani ha costretto nell’angolo il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo che avrebbe partecipato incautamente ad un pranzo con lo stesso Milanese. Il magistrato ha dovuto lasciare fascicoli pesanti come quelli su Enav e Finmeccanica. Di fatto l’operazione Capaldo ha tratti simili a quella che ha messo fuori gioco Laudati. Capaldo era in pole position per la successione a Giovanni Ferrara alla Procura di Roma. Ora la sua caduta apre un’autostrada per Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe italiane, che ha una delle sue roccaforti proprio a Napoli.

Insomma, in modo del tutto legittimo le inchieste sul Cavaliere si saldano con importanti spostamenti nel risiko del potere giudiziario italiano. La mappa sta cambiando: Napoli, dove Giovandomenico Lepore ha preso a suo tempo il posto del contestatissimo Agostino Cordova, e Milano, il «regno» di Edmondo Bruti Liberati e Ilda Boccassini che ha scoperchiato il Rubygate, vanno avanti in perfetta sintonia. Bari, con gli ultimi fuochi del caso Tarantini, e Roma, che ha appena vinto il braccio di ferro con Napoli e ha ricevuto le carte di un pezzo delicatissimo dell’indagine sulla P4, potrebbero allinearsi. Laudati, come Capaldo, potrebbe essere disarcionato. Sullo sfondo delle infinite indagini che riguardano il Cavaliere.

Intanto, la pancia della corporazione togata si schiera sempre più apertamente contro il governo: a sorpresa anche i moderati di Magistratura indipendente sollecitano l’Anm perché proclami lo sciopero. Ce l’hanno, pure loro, come la Cgil, con la manovra e i tagli.

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