Ora gli ortodossi russi vogliono fare santo Stalin

In una parrocchia di San Pietroburgo gli ortodossi pregano davanti all’icona del despota. Per le strade militanti del Partito comunista distribuiscono santini ed esigono la canonizzazione

Ora gli ortodossi russi 
vogliono fare santo Stalin

Da zio Josif a san Josif il passo è breve. Anche se il soggetto in questione è Stalin, tra i dittatori più sanguinari della storia. In Russia aumentano le voci di chi chiede la canonizzazione del «piccolo padre», chiamato affettuosamente nell’Urss djadja (zio, appunto). A guidare questa strana causa di beatificazione - «al limite della blasfemia» per i vertici della Chiesa russo-ortodossa - sono una confusa forma di religiosità popolare, alcuni pope e Sergej Malinkovich, leader del Partito comunista di san Pietroburgo. Che non ha dubbi: «Entro la fine del XXI secolo in ogni chiesa ortodossa vi sarà un’icona di Josif Vissarionovich». Intanto c’è già chi si è portato avanti e a costo di attirarsi le ire del Patriarcato di Mosca, espone in parrocchia immagini del leader sovietico accanto a santi conclamati.
Padre Yevstafy Zhakov, parroco di Santa Olga a Strel’na vicino San Pietroburgo, ha appeso tra le icone da venerare anche un ritratto di Stalin insieme a Matrona di Mosca, una santa del Novecento. Il dittatore sovietico non porta nessun segno della santità, ma si trova semplicemente accanto alla famosa asceta cieca. Aspetto che rende ancora più grottesca la storia: Matrona (1885-1952)fu costretta proprio dal regime comunista a vivere in clandestinità per sfuggire all’arresto. Padre Yevstafy, raccontano i fedeli, cita spesso anche nelle preghiere duranti le funzioni religiose il suo «terzo padre» dopo Dio e quello naturale. «Lo ricordo tutte le volte che è appropriato - dice il sacerdote - il giorno del suo compleanno, della sua morte e quello della Vittoria (della II Guerra mondiale, ndr). Era un vero credente».

L’icona di Stalin a Strel’na non è un caso isolato. Rientra nella più generale atmosfera di «nostalgia» e «revisionismo» che avvolge la sua figura. Il culto della personalità del «piccolo padre», difatti, non è mai morto. A tenerlo vivo pensa il Partito comunista, il cui leader nazionale Gennady Zyuganov lo ricorda sempre come «un grande statista e patriota i cui “piani quinquennali” hanno trasformato la Russia in un gigante economico». Ed è questo il merito per il quale molti russi sembrano disposti a passare sopra agli anni del terrore e delle purghe. Stando a un sondaggio del centro di ricerca All-Russian Public Opinion, il 44% degli intervistati valuta come «positivo» l’operato di Stalin. Mentre addirittura il 49% concorda con la frase «Stalin fu l’uomo che ha portato la prosperità all’Unione sovietica».

Il Cremlino dell’ex presidente e oggi premier Vladimir Putin - l’artefice del risveglio dell’Orso russo - ha colto questo umore strisciante e ha cavalcato l’onda. Operazioni mediatiche ed editoriali ben mirate, volte a presentare uno Stalin edulcorato, si sono susseguite sui banchi di scuola e sulle emittenti di Stato. Quest’anno il governo ha dato l’imprimatur a un manuale di storia che sorvola i momenti più vergognosi dello stalinismo e conclude il periodo con la considerazione che Stalin fu il leader sovietico di maggior successo. La tv in inglese Russia Today ha fatto una campagna pubblicitaria dal titolo: «Orgogliosi di essere diversi» che usava la foto di Stalin in uniforme con nella giacca una piuma d’oca e la scritta «Sapevi che scriveva versi d’amore?». Si è anche cercato di far passare il promotore dell’ateismo di Stato per un «segreto credente». Qualche anno fa una miniserie dell’emittente Ntv raccontava che negli ultimi mesi di vita Stalin si pentì e «assunse posizioni cristiane».
Per gli ortodossi Dio rivela un santo con miracoli. Il riconoscimento formale avviene dopo che questi è stato riconosciuto da una comunità locale. Un sinodo di vescovi delibera così la glorificazione. L’eredità che lo zar rosso ha lasciato alla Russia è un confuso groviglio. «Alcuni lo considerano un mostro e un assassino - spiega l’arciprete Vsevolod Chaplin, vicedirettore del dipartimento relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca - per altri è quasi uno zelante ortodosso». Le posizioni delle gerarchie ortodosse sono chiare: «Non ebbe nemmeno un momento di pentimento e quando ridiede libertà alla Chiesa, lo fece solo per interesse politico», aggiunge Chaplin. I primi di dicembre, la diocesi di San Pietroburgo ha costretto padre Yevstafy a togliere l’icona di Stalin dalla sua parrocchia.

Intanto, però, fuori dalla chiesetta di santa

Olga, e in diverse città del Paese, vanna a ruba i santini che ritraggono il sanguinario politico con l’aureola. «Ne stiamo preparando altri 10mila - avverte Malinkovich - per tutti coloro che già ritengono Stalin un santo».

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