Cronache

Ora il Popolo della libertà deve ritornare alla gente

di Gian Luca Fois

Caro Massimiliano, a Genova il partito Popolo della Libertà (Pdl) deve tornare alla gente. Credo che mai come in questa occasione le metafore calcistiche si sprecano. Il Pdl è stato la classica squadra che fa la campagna acquisti e vendite nel mese di Gennaio anziché farla a Giugno. La programmazione e lo studio della situazione locale sono caratteristiche imprescindibili ai fini del risultato finale. Non riusciamo a volare alto perché non si vuole volare alto. Prima vengono gli interessi politici di parte (corrente) e poi quelli del cittadino elettore/simpatizzante. Quello che oggi viene messo in discussione è il concetto di Partito inteso come aggregazione di individui volta allo sviluppo ed alla crescita politica nell’interesse della collettività. I partiti moderati a Genova possono ancora essere la soluzione per lavorare al pubblico interesse della gente? La risposta non è difficile, così come siamo messi ora sul campo non serviamo a nulla. Il Pdl non è in linea con gli interessi dei genovesi. Non siamo presenti nella vita delle persone perché non siamo rappresentativi del territorio. Della serie il territorio questo sconosciuto.
Abbiamo perso ovunque in alcuni casi anche senza neanche combattere. Queste sconfitte non arrivano dal nulla, ma sono il frutto di politiche sbagliate e scelte non corrette agli interessi della politica sul territorio nel corso del tempo. Mi spiego. La gente è lontana anni luce dal nostro Pdl così come lo abbiamo inteso fino ad oggi. Il Pdl genovese è strutturato su situazioni politiche datate negli anni che non permettono di crescere e di creare del valore fra le persone. Bisogna avere la forza di ripartire da zero come è stato prospettato da Massimiliano Lussana. Se non si riparte da zero non si va da nessuna parte. Tradotto per chi non capisce o non vuole capre, bisogna diventare costruttivi e propositivi di un Progetto Nuovo non tanto formale( il classico pezzo di carta), ma sostanziale cioè andare in mezzo alla gente spesso e non una volta ogni cinque anni. La parola d’ordine è COSTRUZIONE ed unione fra le persone NON invidie condite da lotte interne. Per costruire ci vuole tempo, idee e soprattutto anche educazione al rispetto per il lavoro altrui nella consapevolezza che il mio sforzo sarà utile anche a te. Questa dovrebbe essere la filosofia di vita di un partito nazionale nella sede locale (Genova). Ci vuole coraggio e forza. Fino ad oggi la politica sul territorio nostra è stata timida e «poco virile». Il domani vuole altre caratteristiche. L’ultima campagna elettorale centra poco con la sconfitta. Noi perdiamo da tanti anni perché il partito ha sempre avuto una visione miope ed «interessata», questa elezioni sono la diretta conseguenza del lavoro svolto nel tempo.
In questi anni ho conosciuto tante persone che sarebbero ottimali per la politica cittadina, ma che sono «spaventati» dalla nostra proposta politica e dai modi con i quali viene portata avanti. Questo Pdl a Genova oggi fa paura. Paura del nulla, paura delle debolezza e della mancanza di un progetto politico «vero» e non occasionale. Bisogna essere ciechi e sordi per non capire che la gente oggi vuole idee «forti» e non proposte deboli. La protesta e la reazione hanno prevalso sulla staticità della politica locale. Il popolo dei moderati ha bisogno di chiarezza e di forza, oserei dire anche fisica che sappia spingere questo partito fuori dalle secche.
Oggi viviamo una situazione imbarazzante, abbiamo i numeri da modesta lista civica, noi un partito nazionale. Ma la colpa non è l’oggi, ma il percorso devastante in questi ultimi quattro anni. Non si può fare politica a Genova solo con l’effetto mediatico di Silvio Berlusconi, bisogna conquistarsi gli elettori partendo dal vicino di casa o dal tuo edicolante. Berlusconi vuole dire politica nazionale e va bene, Genova vuol dire la mia politica quella della porta accanto. Sono due piani totalmente differenti! Invece, si è campato sulle ali di Silvio… Basta con questo modo di parlare alla gente. Bisogna tornare alla politica delle strade e dei tombini, parlare di cose concrete e non dei grandi sistemi nazionali.
Chi scrive è da sempre un grande sostenitore della politica nei municipi, ma nel partito c’è gente che da anni dice che i municipi non servono a nulla.

Per quanto mi riguarda continuerò a sostenere che la politica nasce nei municipi e se non conquisti queste istituzioni politicamente non conti nulla. Sei zero! Ai posteri l’ardua sentenza…

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