Ora di religione, stop ai crediti E la maturità rischia il caos

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Dai tre ai quattro nomi alla volta, il più popolare imam di Perugia, Mohammed Abdel Qader, noto tra i musulmani perugini con lo pseudonimo di Abu Sumaya o Al Bakr, è stato costretto a chiudere una delle due moschee cittadine «per motivi di sicurezza». Si tratta dello storico luogo di preghiera di via dei Priori, nel centro della città, lo stesso in cui ha iniziato a predicare l’islam oltre quindici anni fa.
Prima Abu Sumaya è stato tra i fondatori dell’Usmi nel ’71, l’organizzazione degli studenti musulmani di Perugia legata ai Fratelli musulmani. Poi dell’Ucoii, altrettanto affine all’ideologia dei Fratelli musulmani. Le cose, però, sembrano cambiate. E il suo potere ridimensionato. Due giorni fa Abu Sumaya è stato sconfessato da molti musulmani della città: fino a ieri pomeriggio è stato contestato pubblicamente da una quarantina di maghrebini. È accaduto davanti alla seconda moschea della città, quella periferica di via Carattoli dove, al loro arrivo, gli uomini di polizia e carabinieri hanno trovato una situazione che si era tranquillizzata in modo spontaneo. Quello che è accaduto sarebbe lo sfogo di una situazione che va avanti da mesi a Perugia, tensioni tra le etnie riconducibili all’islam. Già l’anno scorso anno la polizia era stata costretta a intervenire: insulti verbali finiti raramente in rissa dei quali, però, non si era ancora compresa l’entità. Soltanto mercoledì sera le recriminazioni dei maghrebini sono diventate minacce. Ora le indagini sono in mano alla Digos.
In gioco non ci sarebbe dunque la leadership tra i musulmani, ma l’episodio di rabbia, più che di violenza, rappresenta bene lo scontro tra le diverse sensibilità del multiforme panorama dell’islam italiano. Abu Sumaya, minacciato nella notte tra mercoledì e giovedì, rappresenta infatti la vecchia guardia tra i musulmani, quella che per promuovere un islam radicale ha negli anni ammorbidito i toni, le azioni e ha imparato a dialogare in modo quasi conciliante: elegante nei modi, non si è mai tirato indietro quando è stato chiamato a parlare accanto a esponenti del mondo cattolico, argomentando da rappresentante dell’islam che, invece, per sua natura non potrebbe avere una rappresentanza.
La componente maghrebina mal sopporta un personaggio come lui, che ha perfino aderito al Family Day ma non ha mai voluto condannare la poligamia, ritenendola «una scelta privata». Abu Sumaya, medico che non esercita la professione, è considerato l’intellettuale di riferimento dell’Ucoii e a Perugia cura in primo luogo l’attività associativa e religiosa; un tempo anche assieme all’amico presidente dell’Ucoii, Nour Dachan, con il quale ha studiato negli anni Settanta. Proprio in segno di solidarietà, ieri è stato raggiunto da tre imam che aderiscono all’Ucoii, provenienti da Roma, Firenze e Ancona. Secondo Abu Sumaya, al centro della vicenda di Perugia ci sarebbe un uomo che si è «autoproclamato» imam, che gode di considerevole consenso tra la comunità maghrebina. Ma la verità sarebbe un’altra. L’Ucoii sta perdendo consensi in molte città.

Abu Sumaya, per esempio, è sostenuto dalla comunità palestinese e a mano a mano che a Perugia aumentano gli immigrati di origine maghrebina, la volontà di rappresentare tutti gli islamici della città, da parte di un solo imam, ha suscitato sempre più insofferenza.

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