Dilaga la moda delle App, i programmi in miniatura che aggiungono funzionalità agli smartphone, e la fantasia dei programmatori spazia in ogni direzione, fino a sfociare nel politicamente molto scorretto. Per attirare l’attenzione, chi realizza questi sistemi di intrattenimento a basso costo è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, senza pensare che un test, o un gioco possano risultare offensivi o potenzialmente pericolosi per l’ordine pubblico.
Gli esempi più recenti arrivano dalla Francia, dove due App sono state ritirate dal mercato, non prima di aver sollevato le ire di una parte della popolazione. La prima con il titolo «Ebreo o non ebreo», entrata nel negozio virtuale ufficiale di Apple, che consentiva di identificare oltre 3.500 persone di origine o di fede ebraica. Doveva essere in sostanza una sorta di «Chi è chi», ma chi l’ha organizzato non ha pensato al rovescio della medaglia. E al fatto che rappresentava di fatto uno schedario alla portata dei nemici di questa religione.
Potenzialmente meno pericolosa, ma non per questo non in contrasto con il buongusto, sul canale francese di Market Android diretto rivale di Apple, è uscita la App «Mio figlio è gay?». Questo programma è un test piuttosto grossolano che, attraverso una serie di domande, promette di rivelare a una mamma se il figlio è potenzialmente omosessuale, o se si può contare sulla possibilità di poter diventare nonna in un prossimo futuro. Questo tema resta comunque uno tra i più vivaci e in grado di garantire incassi importanti, nonostante i prezzi poco più che simbolici delle miniapplicazioni, di norma compresi tra 50 centesimi e due euro. La comunità gay non è infatti contraria all’uso delle funzioni degli smartphone, e la conferma arriva dagli oltre due milioni e mezzo di iscritti a Grindr, il primo Geo social network che agevola gli incontri, non solo virtuali, grazie all’utilizzo della tecnologia Gps. E oltre 45mila iscritti sono residenti in Italia. Se ci si addentra nella ricerca dei titoli più curiosi il rischio di perdersi è concreto. Ci si può imbattere nel gioco «Phone Story» che segue il viaggio che porta alla realizzazione di un telefono cellulare, fino a mettere in evidenza che dietro questo mondo, in continenti lontani, si nascondono storie di sfruttamento dei lavoratori, anche minori. Resta poi da chiarire come possono essere classificate App come iBeer, che simula un bicchiere di birra che si svuota inclinando il telefono verso la bocca. È un’istigazione al consumo di alcol, o un surrogato virtuale che può contribuire evitarne l’uso? Bisognerà chiarirlo prima che arrivi veramente iSnort, il programma che sempre virtualmente offre le istruzioni reali per una «sniffata» di cocaina. Il filmato che circola in rete lascia dubbi sull’esistenza dell’App, ma è comunque impressionante.
Per fortuna esistono anche soluzioni utili, come quella che è in grado di attivare la webcam e trasmettere le immagini di chi ci ha sottratto il telefono di ultima generazione, consentendo una relativamente semplice identificazione. Ma quelle di cattivo gusto, c’è da scommetterci, saranno sempre in agguato.
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