Forse perché non è una «moda», loratorio è sempre in voga. Da decenni il movimento milanese e lombardo viaggia su numeri impressionanti, che non conoscono crisi. Sono più di 1200 gli oratori della Diocesi ambrosiana (sui 6mila italiani). Più delle parrocchie; in alcune capita di incontrare due o tre oratori. Tremila in Lombardia, dove il movimento ha radici storiche profonde. E ancora una forza attrattiva impressionante. «In questa società liquida ogni forma di aggregazione è in crisi - spiega don Samuele Marelli, direttore della centenaria Fondazione oratori milanesi e responsabile del servizio Giovani e Oratori della Curia - noi siamo listituzione che tiene di più, abbiamo segnali importanti anche dai campi estivi di questanno». Più del 50 per cento dei bambini fra i 6 e i 12 anni frequenta regolarmente unattività oratoriale: sono 400mila ragazzi in tutto, e più di 50mila fra educatori, catechisti e volontari (neanche uno stipendiato). Centomila persone con l«indotto» di bar, associazioni, gruppi sportivi, addetti alla manutenzione.
Catechismo, gioco, studio, recupero scolastico, ma anche laboratori, arte, e società sportive interne con centinaia di iscritti. E poi i campi. A Scampia, nel quartiere Zen di Palermo o ancora allAquila. «Non è solo unattività di supplenza - sottolinea don Marelli - ma una proposta educativa totalizzante». Attività che spesso sono «lunica proposta in tanti paesi». Per questo i Comuni nella gran parte dei casi li sostengono anche economicamente. Perché la Chiesa sgrava gli enti di unincombenza amministrativa, e aiuta le famiglie, assorbendo buona parte dei costi allinterno delle sue strutture.
Un movimento possente, che taglia tutta la società milanese. Le classi sociali, le etnie, a volte anche le religioni. Per cui sono sempre più frequenti, nelle periferie, gli oratori multietnici, e in certi casi quelli con partecipazione multireligiosa. «In città è molto in aumento la presenza degli stranieri - osserva don Marelli - e con essa la partecipazione dei figli degli immigrati. Gli oratori sono un sistema educativo aperto, e una palestra di integrazione». Dunque accolgono anche bambini non cristiani, musulmani, buddisti: «Non rinunciamo alla proposta cristiana e allannuncio del Vangelo - spiega don Samuele - ma siamo aperti a tutti. Tutti devono poter entrare e partecipare».
Caso emblematico è quello della parrocchia San Giovanni Crisostomo, in via Cambini, quartiere ad altissimo tasso di immigrati. Un terzo dei bambini del catechismo viene da famiglie straniere, molte filippine o eritree. Ma alloratorio guidato da don Nicola Porcellini partecipano anche i musulmani. «È la nostra vocazione lattenzione ai poveri, agli stranieri - spiegano dalla parrocchia - i bambini non cristiani poi non partecipano al catechismo, alla preghiera. Stanno in silenzio, attenti». Gli stranieri sono l80 per cento dei ragazzi che partecipano alle attività invernali di dopo scuola, e la metà del totale (circa 120). Una quindicina sono musulmani. Anche ai campi estivi si sono iscritti 4 musulmani, su un centinaio, e la metà sono stranieri.
«Lo so, anche mio figlio frequenta un oratorio, quello di Varedo - commenta il direttore della Casa della cultura islamica di via Padova, Mahmoud Asfa - mi fa piacere perché giocano, conoscono altri ragazzi. Sono tanti i ragazzi musulmani che frequentano le parrocchie, alcuni anche come volontari. Conosco una ragazza musulmana bravissima che insegna al dopo scuola, in matematica».
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